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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera LXXIII

Al nome di Dio, a dì 14 d'aprile 1470
A questi dì passati ò 'v(u)to più tue lettere, p(er) le quali mi di' della tua p(ar)tita di costà, e secondo
mi di' p(er) l'utima tua de· 30 del passato, che fia a mezzo questo, e che ne verrai a rRoma: che Idio
v'achonpa(n)gni. E più ò 'v(u)to lo 'nventario d'una balla di panni, e lino, e grecho, che mandi p(er) la
via di Pisa. Questi no(n) sono anchora chonpariti: no(n) mi pare di ma(n)dargli a lLari, che sarè di noia
assai; e non sendovi chose nuove, non v'è troppa gabella di panni: el grecho si pagerà in ogni
modo; el lino è pocha gabella. Quello che mandasti p(er) Biagio, cioè un paio di forzeretti e-l lino, abiàno
sechondo lo 'nve(n)tario riscontro, e tutto istà bene. Faciemone quanto tu ci ordinasti.
Di' che arai a me(n)te di piglare forma e modo della schiava; che mi piacierà: che, se è vero sia
grossa, si vole i(n)tendere se è di vetturale o d'altri, e farsela sodare a di chi el'è grossa. E s'ella ne
riuscissi a bene credo pure n'areno buon servigio, e se pure no(n) cci riuscissi no(n) ma(n)cherà a rre(n)derla
a Lionardo, quando tornassi i(n) chasa sua.
Se lLorenzo è provisto delle cose arà di bisongno, à fatto bene.
Della biada, cioè della spelda, n'ò chonperata da diciotto estaia s(oldi) 9 lo staio, e mille dugiento
chovoni di pagla d'orzo: èc(c)i chara, che vale più di s(oldi) 10 el ciento, che è rincharata; grano s(oldi) 20 lo staio;
che è lla ventura nostra, che se(n)pre ci abattiano a co(n)perare quando le cose rincharano. Chosì fareno
del vino p(er) la state; che p(er) noi ne bisongnierà conperare parechi barili. E rispetto il gra(n)
freddo ch'è stato, ed è anchora, le viti no(n) mettono; e dicono che asai n'è secche: siché è rri[n]charato.
Sono degl'altri nostri provedime(n)to. Idio vi dia pur grazia torniate sani. E se nnon
ài ma(n)dato di quella polvere da nettare ariento, no(n) ne fo chaso, p(er)ché son cie[r]ta n'arete
qua pel bisongno. Io v'ò fatto fare i(n) quella chasa dirieto una maggiatoia e rastrelliera en sul
pulito, che vi starà alla larga 3 chavagli. Siché venite a vostra posta; e avisateci a punto
qua(n)do ci credete essere, aciò che mettiano i(n) punto p(er) voi quello che fia di bisongno.
Alfosso e noi altri siamo sani.
Arete sentito delle novità seguite di qua. En prima, duo volte rotto le Stinche, cioè le prigioni:
e lla prima volta ruppono le finestre, e uscirono nella corte; furono ripresi, e fu p(er)donato
loro. La sechonda volta arsono gl'usci delle prigioni, e ru(p)pono il muro dove ruppono
quando Matteo di Giorgio n'uscì; ma (n)no· riuscì loro, che furono sentiti, e vi chorsono de' provigionati
che sta(n)no i(n) Piazza, e cholle balestra ne saettorono uno che voleva uscire p(er) quella buche. Poi furono
presi, e fu taglato la testa a (t)tre, e gl'altri vi furono rimessi. E di poi, a dì sei di questo,
la mattina a ore 14, ci fu che quello de' Nardi era entrato i(n) Prato chon be· 200 fanti, e che Prato era
p(er)duto. O! No(n) domandare el viluppo ch'è i(n) questa terra! Che p(er) du' ore era tutta ravilupata
la giente che correvano le vie, e massimo quella da chasa Lore(n)zo di Piero; e quanto
pane cotto si trovò, tutto si portò tra chasa Lorenzo e 'n Palagio, e· modo che no(n) si trovava nè pane nè
farina. A me pareva istar male, che non ò grano, e poca farina i(n) chasa. Di poi, p(er) grazia di Dio, e' ci
fu novelle che questo de' Nardi era preso con tutta la sua giente; che dicono erano da sessa(n)ta;
e-l dì medesimo ne fu menato preso. E di poi l'altro dì, a dì 7, ne venne 15 tutti legati a una fune.
E llunedì, a dì 9, fu tagliato il chapo a quello de' Nardi; el dì medesimo ne venne presi 3, pure da
Prato. E llà dicono che-l Podestà ne 'npiccò 14. E questa mattina se n'è i(n)piccati 4 di questi medesimi;
e lunedì che viene, dicono che n'a(n)drà 7. E no(n) so poi che ssi faranno de· rresto. È suto un grande
ispavento a tutto il popolo: pare una iscurità tanta giente morta e strazziati. E oltre
a questa tribolazione, ci è suto e tremuoti: che quella mattina ch'egl'entrò in Prato quello poverello,
venne u(n) tremuoto molto ben gra(n)de. Tra l'una paura e ll'altra e' mi pare essere
meza fuori di me: credo che noi siàno presso a· finimo(n)do. Siché è buono aconciarsi dell'anima,
e stare aparechiato. Che Dio ci guardi da più tribolazioni. Sento ancora che a Pistoia è
suto no(n) so che, e· modo che si dicie, ch'e Panciatichi di là si sono tutti p(ar)titi p(er) paura che a Dio piaccia
por fine. Nè altro p(er) questa. Idio di male vi guardi. P(er) la tua

Alesa(n)dra Strozi, i(n) Firenze