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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera LXIX

Al nome di Dio, a dì 7 di febraio 1465
A dì p(rim)o fu l'utima mia; e ieri ebi la tua de· 26 passato. R(ispost)a.
Di 60 non è seguito di poi altro, nè per 45 nè per altri. Ancora sono nel mio proposito, che cierchi
d'altro: àne preso piutosto dispiaciere che nno; ed io n'ò auto, ed ò tanto, che più d'una note
m'à tolto il sonno; p(er)ché i(n) tutte parte mi pareva il bisongno. Ora no· rriprichiamo quello
si sarè potuto fare, che non si fecie: diciamo sia tutto p(er) lo meglo. Di 59 mi parrè quello che
a tte, d'essere troppa verde: pure, quando volesse venire, no· lla rifiuterei; ma io no· llo credo
passasi tanto i· llà rispetto 63. Èsi detto a questi dì, ch'ell'è spacciata a uno che à un chapo pieno
di fava, e non siàno ancora di quaresima. Ancora non è spacciato l'alltra, ch'è i(n)nanzi.
Se questo fia vero, tosto si sentirà. L'essere la terra, overo e cittadini, mal d'acordo, fa
gran da(n)no a simile merchatantia; che ad altro che di cierchare d'aver boci p(er) trovarsi a squittinare,
non s'atende; che durano una fatica maraviglosa, e p(er)donne il mangiare
e-l dormire, secondo ch'i' sento dire a 13 e a 14, che sono di quegli che s'afatichano. No· mi
distendo in questo; che 46 sa tutto: e non sento 58 sia abassato, ma pel contradio; e così, dopo
lui, el fratello di 18, che mi pare sia oggi in grande riputazione. A Dio piaccia che presto
sia l'efetto di quello debb'essere.
Di 14, ti dissi per altra, ò sentito che, oltre alle re(n)dite, ch'egl'à parechi cientinaia d'alberi,
ch'egl'à posti a posta delle figluole ; che quando saranno buoni da taglare,
sara(n)no parechi cientinaia di fiorini; che si fa più d'un f(iorino) l'uno: vien(n)e p(er) di qui a 5 anni più
di 200 f(iorini), e gl'altri vanno più oltre. E avendo le fanciulle le dote, potrebbe fare asengnamento
d'achattare e f(iorini) 200 la(rghi), ch'egl'aciena di richiedere 45, i(n) su questi alberi.
E questo t'ò detto, p(er)ché tu i(n)tenda ch'i' so le rendite ch'egl'à.
Entendo l'oferte che tti son fatte di volerti dare de' giovani; che se ttu avessi le conpagnie
di Chosimo, basterebbe: e secondo che ttu di', e ancora l'ò inteso da Piero Antonio, e' vi si fa
sì poche facciende, che n'ài troppi. Entendo chi e' sono, e quello che tti scrive el f. di 57; che avendo
a torne nesuno di que' tre, torrè piutosto questo nipote di 57. Dissilo con Giovanni,
che-l ponessi mente: conoscielo, e pare ch'egl'abia buona vista; pure, lo vole rivedere
meglo. Ma non fare troppo asengnamento, che toglendolo tu n'abia avere di meglo
nulla; che, secondo sento, son giente p(er) loro, e male enservigiati; e massimo dove no(n)
vegono da trarre. E dissemi Giovanni: «Se non à bisongno, i' no· llo torrei; che sono giente
che non fanno bene, se none a lloro medesimi. Mai feciono bene a parenti ch'egl'abino; e se
pure lo faciesino, sarebe p(er) loro utile. Sono molti miseri, e chani del danaio». Pure i' n'e(n)tenderò,
del garzone, quello ne parrà a Giovanni, e p(er) la prima altra te n'aviserò. Queste
giente estrugono e gravano el conpagno, tanto che faccino el fatto loro; e quando
fussino richiesti da un vostro pari d'alchuna cosa d'inportanza, e' s'aiutano col dire:
«I' non posso, che ci è chi dà noia». E noi, che siamo loro sottoposti, cie la beamo. Non dico questo p(er)ché
i' non fussi chontenta che ttu lo toglesi, che l'are' caro; che vo' bene alla madre del giovane:
e avendone bisongno, te ne conforterei; ma non direi te ne isconciassi. Fanne quello
ti pare. Sarà chostà messere Angnolo, e intenderai delle cose di qua come stanno;
che a me pare vadino non bene p(er) noi; che stando le cose en questo intra due, si prolungano e fatti
nostri. Idio prove(g)ga al nostro bisongno.
Di Nicholò Soderini non ci è altro di nuovo; che se ne va all'usato. Ègli stato fatto quel poco onore
che si può, e chosì a' conpagni. Credo che abia passione. Vada p(er) quella dette già ad altri.
E' mi pare che della nipote di 53 tu nne i(n)tenda el bisongno p(er) più rispetti. Di Giovan Fra[n]ciesco
ara' sentito chome si tornò a Vinegia; e la chagione è che si porta e· modo co' creditori,
che si dubita non abi bando di rubello. Senti' da 14 che s'era cimentato p(er) daglele, e non s'era ottenuto;
che, seguendo questo, farà tanto pegio alla casa.
Altre volte ti scrissi che Giovanni voleva levare del Monte e danari v'aveva della Lesandra,
p(er) riconperare pocisioni; e voi mandasti la prochura. Di poi, non trovando da rrinvestire
detti danari, si sono estati. Ora, esendo il Monte pure a buon

pregio, gli pareva da venderlo; che, secondo che dicie, gli stanno p(er) f(iorini) 400; che si contò, quando gl'ebe, f(iorini) 21
p(er) ciento; che così valeva el Monte a quel tenpo. Ora vale f(iorini) 30 p(er) ciento, o più; siché e' dicie: «S'io gli ve(n)do,
e' saranno circha a f(iorini) 600; che n'avanzo f(iorini) 200». E pargli di dovere fare così; e de' detti danari
rimettergli nelle mani a voi; e tanto gli tenessi, che trovassi da conperare una pocisione; o veramente,
esciemando el Monte, riconperare Monte. È vero che questo vendere el Monte
per riconperallo, abassando di pregio, non è tenuto buono chontratto: che altre volte l'à
voluto fare di vendergli e dargli in diposito, tanto che il Monte isciemassi, e poi riconperare;
e disselo co· Marco; e ne lo isconfortò, che non era lecito contratto. Ora, diciendo di volergli
dare a voi, tanto che riconperasi, i' gli dissi che te ne scrivessi del suo pensiero. E così mi dicie
aver fatto. Di' ora quello ne pare a tte, che i' non ci ò buono giudicio i(n) questo: che vorrei l'utile
suo; da altro chanto, non vego sie tenpo da conperare pocisioni; che non se ne truova a vendere,
se nnone a s(oldi) 30 p(er) lira. E il Monte, quando isciemassi, riconperando, non è lecito. Siché
i' no· ne-l so nè confortare nè sconfortare; che, dandogli in diposito, n'arà quel medesimo di
rendita ch'egl'à al Monte, e non arà quel peccato. Siché digli el tuo parere.
Siàno a dì 8 e altro non ò di nuovo; che ci è gran tranbusto di questo isquittino.
Richordami ora di dirti, che Nichollò Ardingelli ti potrà pagare; che si dicie à vinto bene 8 mila f(iorini).
Doverra'lo avere sentito alla tornata delle galee. La donna sua è qua, e gode;
che s'à fatto di nuovo un vestire con una livrea, e suvi poche p(er)le, ma grosse belle: e così si fecie
a dì 3, a suo stanza, un ballo nella sala del Papa a Santa Maria Novella; che ll'ordinorono Lorenzo
di Piero. E fu lui chon una brigata di giovani vestiti della livrea di lei, cioppette pagonazze richamate
di belle p(er)le. E Lorenzo è quegli che portano bruno cholla livrea delle p(er)le, e di gran pregio! Sicché
fanno festa della v[i]ncita di tanti danari. Nè altro p(er) questa. Idio di male vi guardi. P(er) la tua

Allesandra, Firenze