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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera LXVII

Al nome di Dio, a dì 25 di giennaio 1465
A dì 17 fu l'utima mia, e iarsera ebi 2 tue de· 6 e de· 13; che apresso farò r(ispost)a di quella p(ar)te saprò.
El padre di 60 non è per ensino a ogi uscito di poi a nulla; che istimo che-l suo messere non sia contento,
però che è dell'animo del fratello di il Chavaliere che tu
faciesti chostà tanto onore. Tutti tirano a una fune, e a' nostri pari no· ne vorrebono veder
seme; siché i' mi stimo che messere Antonio sia chagione che l'amico non à ritocco, ch'è nimico di 47; e come i' dissi
a 13 duo dì fa. E' te n'acciennò quando e' ti disse che a messer Antonio gl'aveva detto che no· ne faciessi
nulla ancora, che era buono a stare a vedere un poco come le cose passavano. Siché di cierto
lui n'è chagione; che F(ranciesco) à mostro di venirci volentieri, e da Pasqua i(n) qua non à mai parlato
a 13 di questo. I' n'ò levato mezzo l'animo; e se altro ci venissi alle mani, o che si spacciassi la magiore
59, i' ne llo leverei afatto. Pure, non ci sendo altro, l'uomo aspetta che segue di loro. Questa
lungezza va contro a nostra voglia. Riputo tutto p(er) lo meglo; e, come per altra v'ò detto, di 3[3] non
cie ne diàno pensiero per ora. Altro sopra 63 non bisongna dirne; che questo non à a sconciare
il merchato. Di quella del'Ardingello, sento non à nulla: che 53 promisse di fare lui, e di poi
si rivolse, e no· ll'à voluto fare. Non so bene la chagione; nè quello s'ebbe 53, non ò mai sentito
ragionare. Farò d'intendere qualche cosa, e te ne darò aviso. El nostro Iacopo n'ebe, come tu di', 500
i(n) sul Mo(n)te; e feciono che delle page si riconperassi ogni an(n)o Monte, tanto ch'ell'avesse f(iorini) 61 di dota; e Antonio
Strozi era prochuratore a piglare le page e a fare questa quantità. E, come tu di', à' buon prochuratore
a' tuo fatti, che 13 ci è di buono animo p(er) l'onore e utile tuo. Siché no· bisongna te ne dia
pensiero, a mio parere. Che Idio ci aparechi cosa buona.
Le cose di qua, secondo si dicie, vanno male quanto possono coll'animi; ma troppo i(n)dugiano
a rronpere el ghiaccio; che così pare a chi aspetta. E nostri Signori sono stati in pratica insino
a dì 19, p(er)ché chi vuole una cosa e chi un'altra, di questi maggiori che cci governano. Pure presono
duo modi disonesti di rifare lo squittino, a modo dell'una p(ar)te e dell'altra. E quella ch'ebe più fave àn(n)o
messa nel Consiglo del Ciento, che è il primo Consiglo, già 3 dì: e non si vincie. E se pure passerà
i(n) questo, e' ci è oppenione non passerà nel Popolo e Comune: che l'onoranze di Nicholò Soderini,
solo el Consiglo del Comune lo ritenne che no(n) vinse; siché potrebe andare questa così. Faccino che
voglono, questa terra sta male! A questi dì ebe male parechi dì la donna 57, e senti' ch'era solo
p(er) mani(n)chonia. E mona Gostanza di Bernardetto mi disse, che Bernardo era morto di
maninconia, sentendo a l'entrata di Nicholò Soderini così fiero; e che dubitò non eser confinato,
e tutto dì dicieva: «Chome farò, vechio e 'nfermo, fuori di casa mia?». E, secondo sento, 58 n'ebbe
anche lui paura. Fanno tanto, che Idio prove(g)ga, che può, a chi n'à di bisongno. Èssi pur vinto
la pitizione nel Ciento: nè di 54 nè di 58 nè di loro amici, non è da dirne altro per ora. Siàno
i· lluogo che s'à a far pruova dell'amicizie. E cierto non è d'avere tutta la speranza i(n) 58, che è
manchatore di suo fé; e non ò già i[s]peranza i(n) 54, p(er)ché è omaccio: ma i' l'ò negl'amici sua. Idio p(er) sua
misericordia ci dirizi al ben fare.
Nicholò, chome di', fecie e disse di p(ar)te buone, e p(ar)te il contradio; che è quell'uomo che à messo questo iscandolo
nella terra, e llui n'à p(er)duto assai; e sento che nel Palagio non è richiesto a nulla che vi si faccia;
e non v'arriva. Va p(er) la terra con 7 armati drieto; che à una gra· noia alle spalle, e potrebbegli
entervenire un dì qualche cosa che gli dispiacierebe; che andrebe a rinconto di quello à fatto ad
altri. Tenesti Giovanni di ser Franciesco e P(ier)o Anto(nio) a vostre spese. Ben possono lodarsi di te, che n'ànno
ben ragione. Idio vi die grazia, che lungo tenpo possiate fare onore a chi vi chapita a chasa.
Charo mi sarà, che avendoti richiesto messer Franciesco d'aiuto colle lettere de· rRe, che ne lo serva,
ch'egl'avesse la sentenzia i· suo favore; che la doverrebe trarre delle mani a quel lupo di 56,
che p(er) forza à tenuto tanto il suo benificio. Idio aiuti la ragione.
Sento le galee di Levante sono arrivate costì; ongni ora s'aspettano di qua. Lionardo Ginori è rimaso
di là; dicono e sua che non à ' riciever danno; che sarà buona p(ar)te. E si dicie che Nicolò Ardingegli s'è partito;
e lla nave sua più tenpo fa venne ' Ancona cho· molte robe; e llui non è ancora giunto. Diciesi
ch'egl'à vinto di molti danari; che una p(ar)te n'à vinto a Carlo Martegli; sicché vi potrebe pagare.
Di' ch'io debbo avere i(n)teso da Giovani el pensiero avete fatto di lui per aiutarlo sollevare: che vi pare,
esendo dell'età ch'egl'è, questo sia più onorevole p(er) lui e p(er) voi, e che se ne debba più contentare,
che avere a stare di fuori. E duo cose vorresti da m(m)e enanzi che si strignessi la cosa.

La prima, che me ne pare, è se istimo che ve n'abia a rrendere buon conto. La seconda, che vi scrive
aver debito f(iorini) 200 la(rghi), e che acciena che vorrebe voi ne lo servissi; e voi lo faresti volentieri, per un a(n)no, per aiutarlo;
ma per riavergli en chapo dell'a(n)no co· 40 v'à a dare. E p(er)ché sapete ch'io v'amo, ed è ragione ch'io vi consigli
e esamini e fatti sua se è da servillo, che al tenpo voi non avessi avere iscandolo insieme, chome i(n)terviene
el più delle volte; e servendolo, donde gl'arebe a trarre p(er) rendergli al tenpo; e se à più debito che questi
f(iorini) 200: en prima ti dico, che il pensiero fatto della bottega, mai me n'à detto nulla; ma io sentendolo da G(iovanni)
di ser Francies[c]o quando tornò di chostà, glele dissi; e mi disse, che il detto Giova(n)ni di ser Franciesco glel'aveva
detto. E altro non ò di poi sentito; se nno· che ieri, avendo la lettera di Lorenzo de 10 dì, e dicie: «No' vorremo
pure fare, potendo, del bene a Giovanni»; e dissiglele. E' rispose: «E' voglono fare una bottega d'arte
di lana chon Charlo e G(iovanni) di ser Franciesco». E i(n)n altro non entra(m)mo; siché questo è quanto ò sentito da llui. E alla p(ar)te
del trovarvisi Giovanni Bonsi a governare, credo che p(er) via di governo la farebbe bene: che mi pare
sollecito e intendette; ma l'avere a trassinare danari, non posso giudichare se si rendesse buon conto; che à pure
de' bisongni. È vero che per ensino a qui, e p(er) quello ò veduto, fa pure il dovere; e chosì quando à presi mia
danari, o quando glen'ò prestati, benché sieno pochi, pure ne rende senpre buon conto; e così sento p(er) chi à a
fare cho· llui. Ora i' non so, avendo avere danari nelle mani, come si faciessi. À lla famigla grande, che ssono
8 bocche; e 3 richolte i(n) qua non à 'vuto, tra p(er) la tenpesta e tenporale tristo, e ll'avere a dare grano
e vino a quel Della Luna pel bar[a]tto fé de' drappi, no· n'à auto el bisongno della sua famigla; i' dicho del vivere, sanza
che sono male in ordine del vestire: che gl'è la Lesandra, che quando à bisogno di richucire la gamurra, si
mette la cioppa in sulla chamicia tanto che ll'è racconcia. Sicché, sendo el bisongno suo grande, i' non so giudichare
quello si faciessi. Pure avendo qualche aviamento di guadangno, e' starè meglo che sanza;
e non è ismemorato, e teme vergognia.
Alla seconda p(ar)te de' f(iorini) 200 la(rghi), che dicie aver debito, i' credo sieno quello o più. Egl'è p(er)sona che non dicie
troppo e fatti sua; e vego che alle volte egli enpegnierà di que' pochi panni ch'egl'à, e guardasi da mme, che se
ne vergognia ch'io lo sapia. I' no· so che altro debito e' s'abia, che co· Marco f(iorini) 80, che gli prestò l'anno passato p(er)
fare j° dota alla fanciula: e p(er) questo non à bisongno d'achattargli da voi p(er) rendere a llui. À debito un panno tolse
l'anno passato al tenpo dell'a(n)no, e vendello a chontanti p(er) piatire; e tutto s'à p(er)duto. I' credo che n'abia
tolti più de' panni che questo; che à 'uto pocha rendita e grande ispesa. E a[n]chora levò a credenza panno
rosato, che si fecie il mantello p(er) lo squittino; che ll'à anche a pagare. Siché istimo che n'abia debito qualcuno
più: che nel numero de' 200 non credo sieno e tua 40, nè gl'otanta di Marco. I' non so suo debito: ma voglendo
vendere le Selve, e Marcho domandò s'egl'aveva altro debito che si sapessi, e' dissi di no; e ne lo isco[n]fortò,
e-l merchato tornò i(n)drieto. I' vorrei che voi l'aiutassi; d'altro chanto penso, che servendolo voi di
questi danari, non so al termine donde se gl'avessi a trarre p(er) rendervegli; che no· llo vego in istato
che, se altra ventura no· gli viene, che di qui a j° anno egl'abia da por mano i(n) su tanta quantità di
danari; e non faciendo, o non potendo rispondere, e' ne nascie iscandolo. E' sarè meglo istarsi. I' mi do
a 'ntendere ch'e termini di questi 200 f(iorini) gli corrono adosso – e però ve ne richiede –, chome dico, di panni.
I' ò 'nteso bene lo scriver tuo. E p(er) volergli al termine, credo non sia da 'npacciarsene. Da altro chanto, è
tanto buono e servente, che i' non vorrei ch'egl'avessi avere danno o vergognia. E del salaro, che avessi
a stare a bottega, non è da scontar debiti nè da farvi su asegniamento. I' t'ò detto quanto i' ne so de'
fatti sua; e tu no· mi scrivi ch'io dimostri di saperlo che ti richiega, che sendo contento, glen'arei detto
ap(er)tamente: «Giovanni, tu rrichiedi F(ilippo) di tanti danari. Tu ssai ch'egl'è il miglore servigio, e il più scandoloso,
che ssi faccia, quando e' non si risponde al tenpo. Per verun modo i' non vorrei che tra vo' avessi a
nasciere iscandolo niuno; che i' ne starei male contenta: siché dimi donde faresti pensiero a trargli
p(er) rendergli loro». E vedrei tosto quello n'avesse a seguire, che so apresso quello ch'egl'à. Ma no· me ne avendo
tu avisato, no· glene dirò ensino non ò altro da tte; e m'ingiegnerò, s'i' potrò, i(n) questo mezzo, d'intendere
se à altro debito, e ve ne darò aviso. Che è da 'ncresciere di lui, ch'è tanto buono, ch'è troppo; e
à auto di queste ricolte pichiata quest'anno, p(er) la qua· credette esere disfatto. Pure non à tanto danno
quanto credette; Idio lodato! Nè altro per ora. Idio di male vi guardi. P(er) la tua Allesandra, Firenze.

Pazienza a legiere, che nel mio dire sono lunga.
Anto(nio) ci fu stamani, e mi disse ti ritenessi con Piero, e cho· meser Angnolo;
e ch'io te lo scrivessi. Così ò fatto. Racomandasi a tte. Dissigli che a volerti rimunerare dell'onore tu gl'à' fatto,
si è che ti truovi una bella molgle. Ò aperto quella di Giovanni, che è i(n) questa, p(er) vedere se ti dicie nulla de' danari.