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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera LXIV

Al nome di Dio, a dì 28 di dicienbre 1465
A dì 23 fu l'utima mia; ò di poi j° tua de· dì 11 detto, e j° di Lorenzo de· 5, tenuta colla tua. R(ispost)a p(er) questa.
È vero che a dì 30 passato i' none scrissi p(er) non avere da scrivere nulla di buono; e cierte volte ancora
non mi sento molto bene, che non posso estare a quel disagio dello scrivere; e anchora n'è più cagione
cierte cose che mi vanno pella mente, quando le cose non vanno secondo ch'i' vorrei. Siché queste sono
le chagioni ch'i' lascio i(n)drieto alle volte lo scrivere. I(n)giegnero(m)mi, quando arò da dirvi nulla di buono, di farllo
ispesso p(er) l'avenire.
Dissiti per l'utima quello che 13 m'aveva detto di 60, che tutto questo mese voleva stare sanza
altro dirne, che così pareva a messere Antonio Ridolfi. E di poi non ò sentito altro: estimo che
debba avere el chapo altrove; se gli riuscirà, Idio con bene; se nnone e' si rappiccherà con 13. E a
me pare che asa' tenpo metta i(n) mezzo; che da settenbre i(n) qua ci à messi tre o 4 termini d'aspettare.
E non ci sendo altra mercatantia che ci agradi, e che dimostri di volerne venire al
pre(z)zo che queste 2, cioè 60 e 59; ' 13, e anche a me, pare di vedere alla fine del mese che seguirà;
e ne sarai avisato. Che Idio ne lasci seguire il meglo.
De' fatti di 51, non se ne sente nulla. E credo 46 e 57, e a(n)chora 54, abia che pensare; e per ora non è
da rricordare loro e fatti de' 50: che mi credo crescierebe lor pena, che non feciono quando era il
bel tenpo. E chi no· llavora quando el tenpo i· richiede, non fa buona ricolta: che, chi tenpo à, e tenpo aspetta,
tenpo p(er)de! Sia lodato Idio di tutto. 58 è molto miglorato del male che ebbe 2 mesi fa; che fu
otta ebe di gran paure. Pure Idio gl'à fatto grazia: ch'egl'è melglo che prima; è molto allegro, e tutti sua
amici, di questa sua guarigione. Solo ci è 17 e 56 estanno male; che niuno ne dicie bene. Col tenpo
si vedrà che fine arà questa malattia.
Dissiti a dì 23 chome Nicholò Soderini si facieva chavaliere i(n) questa Paschua; e che s'era vinto nel
Consiglo del Popolo la domenicha, che fu a dì 22; e a· 23 feciono el Consiglo del Comune, e no· llo vinse. Estetto[n]vi
ensino a ore 21. Rimase molto isbigottito, e ricievettene un gra· chapellaccio. E ora è chiaro, se
prima restava in dubbio, chome gl'animi sono ben disposti contro di lui, e quello che posso· gl'amici
sua. El detto dì, che si ragunava i· detto Consiglo, e in sulla porta istavano alchuni cittadini, e pregavano
che dovessino dargli aiuto e favore che si vinciese; e rispondevano e detti del Consiglo: «Noi
non ci a[n]diàno per altro che p(er) questo». E sì llo trattorono chome tu odi! Idio il p(er)doni loro. E questa
sera, esendo ragunato lo squittino, el detto fecie i(n) bigoncia una gran predica; e ssì si dici' che si sfogò di dire
l'animo suo; e che gl'era detto che, uscito che fussi di su, che sarè taglato a pezzi. Dimostrò di non churarsi
della vita sua; no(n) di meno dicie non à paura che questo gl'avenga. E questo prociede, ch'egl'è più
mesi che que' Conti di Mare(m)ma, avendo quistionato co· llui del bestiame e delle pasture, poiché Giovanni
di Cosimo morì, Nicholò gl'aveva soprafatti; di che questi Conti ensieme con quegli da Vernia
gli feciono danno, e uccisogli molto bestiame. Siché, non se ne potendo valere, si stava. Di poi andò
chapitano di Chanpigla el figluolo di meser Tommaso, cioè Lorenzo; e si misse mano, poi che fu
Gonfaloniere 18, a fare la vendetta di Nicholò, e volle piglare e detti Conti di Mare(m)ma. E' si fuggirono;
e il detto Lorenzo diè lor bando delle forche, e sì misse fuoco a tutte le loro chase, e arse tutto
e lloro uomini, e gran quantità di grano; e di quegli che giunse, fecie aspri martòri. Siché gl'è detto, che
questi Conti saranno ribanditi; e saranno quegli che lo taglerano. E quest'è la chagione che dicie
queste parole. Most[r]a di non avere paura. E molte altre parole disse, che non è da scrivere. E più dicie,
che poi che no· l'ànno voluto far chavaliere, che andrà i· luogo che sarà fatto a dispetto di chi non vuole.
E' mi pare ch'egli abia d'avere de' pensieri. Idio l'aiuti. I' mi do a 'ntendere che s'egl'avessi ristituiti
gl'inocienti, che sare' suta tatta charità, che Idio l'arebbe aiutato; che non sarebe i(n) quell'odio ch'egl'è;
che avendo fatto quello che poteva, aquistava assai, secondo me. Che a Dio piaccia di trarci di questo
afanno a' nostri dì, se-l me' deb'esere. Di' che se voi potessi venire a veder me com'io voi, che i' n(n)on arei ta(n)ti
inbasciate de' fatti vostri. E' non piacie a Dio che noi abiàno questo contento. Voi ànno privati gl'uomini,
e me Idio colla i(n)fermità. E sonci gl'anni, che m'ànno tenuto ch'io non vi sono venuta
a vedere. Credo che Idio l'abia fatto p(er) lo meglo.
Venne Pierantonio, e feciemi una grande abracciata p(er) vostra p(ar)te. E dicie tante maravigle di voi,
che il terzo sare(b)be abastanza. Àmi fatto molte proferte, e che disiderebe di potere farvi qualche apiaciere;
e offera, a quello che può, che non si rispiarmi di nulla che possa. À letto il Lanbertano, ed à la lingua che

gli serve bene. È fratello di Giovanbatista: che ànno parole asai alle mani!
Egl'è i(n) questi dì morto Franciesco Chaccini, che stava fuori della Porta a Pinti, e aveva buona grazia ne' cittadini,
ed eragli auto conpassione allo star fuori; pure comoveva gl'animi a parlare dell'esere ristituito. Ora,
esendo morto, gl'amici si rafredderranno. Gietta danno la morte sua asai: prima, che lascia la dona
giovane chon 4 figluoli, 2 maschi e 2 femine; e poi danno grande gietta al fatto nostro. Idio ci aiuti, che può.
Sono a dì 30.
Trasonsi ieri e Priori. È Gonfaloniere Franciesco Bagnesi: è il chontradio che Nic(h)olò. Diciesi che
è buon uomo, ma non sa così dire chome lui. Metterò in questa la lista de' Priori.
Altro non t'ò a dire per ora. Idio di male vi guardi. P(er) la tua Allesandra Strozi, Firenze.

Gonfaloniere i(n) S(an)c(t)a (Crocie), Franciesco Bagnesi; e l'arteficie, Marcho
Del Zacheria, e uno Del Grazia. S(an)c(t)o Spirito, Piero del Benino,
e Nerozo del Nero. S(an)c(t)a Maria Novella, Benedetto Bartoli, e
Bernardo Mazzinghi. S(an)cto Giovani, Matteo Villani, e
Giova(n)ni Giraldi.