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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera LVII

Al nome di Dio, a dì 19 d'ottobre 1465
A dì 12 fu l'utima mia. Ò poi la tua de· 3 di detto; e questa mattina j° di Lorenzo de· 12. R(ispost)a al bisongno.
Die' la tua, overo fe' dare a Marcho, a Romolo p(er)ché, come per altra ti dissi, erano rinchiusi per esgravare.
Dicie Marcho che quando e' la legieva, che rise; e Marcho mi gli raccomandò. Credo che a
ongni modo poco isgravo mi toccherà. Pello meglo riputerò tutto.
P(er) questa di Lorenzo intendo chome Pandolfo era allo stremo della vita: che n'ò auto dispiaciere
asai; che poi che morì el mio figluolo, non ebi tal dispiaciere di parente che mi morissi, quanto ò 'uto di lui:
che troppo mi duole per amore della donna giovane, e tanti figluoli che lascia; che è morta quella
chasa! E asai mi duole p(er) vostro amore; che s'era richonosciuto il parentado, e agiuntovi una amicizia
e una grande benivolenza; che sendo vivuto, t'arebe dato grande aiuto al fatto tuo: che aveva buona
grazia cho' principali, ed era qua el bisongno vostro. Ora Idio non à guardato nè al bisongno della
sua famigla, che mi pareva maggiore che il nostro. Pazienza bisongna avere: che credo, e son
cierta, che Idio l'à chiamato a ssé p(er) salute dell'anima sua. E s'egl'à 'uto pazienza della sua malattia,
e dell'esere fuori di chasa sua e fuori del governo della donna, e non si vedere la sua famigla
i(n)torno – che son cierta n'à auto passione –, credo arà meritato assai: però che era
amorevole molto della sua famigla, e gran dolore arà auto a lasciarla. Altro non si può fare: Dio
abia auto misericordia dell'anima. Avete fatto gran perdita. Idio vi guardi da più danni.
I' ò sentito del Consolo fatto p(er) chostà: qua voglono el consolo usato de' Lottieri; e di costà non si patiscie.
E sento ànno fatto Lorenzo; che istimo no· ll'arà acciettato: che non fa p(er) voi; che di qua non si patiscie
nulla de' vostri fatti, che sete a noia a molta giente: che poi sete nel grado che sete, non si può ricordarvi,
se nno· quando fate qualche cortesia, o servendo altri. E p(er)tanto qua ci è chi n'è malcontento,
e davi contro; siché p(er) verun modo no· ll'aciettare; che non avete bisongno aquistare p(er) questa
picchola cosa la nimicizia d'alchuni di qua. Marco n'à auto dispiaciere, che sia fatto Lorenzo. P(er) Dio,
non piglate queste punte contro a questi di qua, che non fa p(er) voi, e avete onore asai nell'altre cose:
sicché, non avendo rinunziato, all'auta di questa fatelo; che avete bisongno di grazia, e non di nimicizia!
Di graveza non si ragiona: dell'altre cose si sentono dì p(er) dì, ma n(n)on sento di quelle che mi di dieno isperanza
delle chose disidero; che non piacie anchora a Dio: e le cose vanno a pian passo; e co· llungeza di
tenpo si potrà vedere delle cose: ma chi à fretta, l'aspettare gl'è pena. Chonfortimi a star sana, e ch'io
mi dia buon tenpo: i' mi posso male rallegrare, che sto tuttavia i(n) pena; e dello star sana m'ingiegno, p(er) più
rispetti. Ma a voi si vole ricordare che stiate sani; che io sanza voi sono morta, e voi sanza me
vivete e potete istare i(n) filicie istato. Se sete privati de' vostri disengni, riputate tutto p(er) lo meglo; che
ongni volta non ci dà Idio quello che disideriano, p(er)ché non è il meglo; e alle volte ci adeppie il nostro disidèro,
e poi ci torna i(n) danno. E vedilo i(n) Pandolfo: che parechi mesi fa ebe di tornare, e cierchorono di rafermarlo;
che sendo tornato, era sano; e se pure fussi i(n)fermato e morto, moriva con altro contento che non
debb'esser morto. Siché, quando noi non abiàno ciò che voglamo, abiàno pazienza. I' ò auto un grande
dispiaciere che Filippo non à preso donna, e massimo sendoci proferte delle cose che mi parevano pel
fatto suo. Ora, veduto la cosa i(n)torbidata, e il tenpo che vuole aspettare, i' mi conforto con dire: «Forse
che non è il meglo!», e ònne posto l'animo i(n) pacie. Quella degl'Adimari, Marcho glele pareva avere in
mano, rispetto el mezo che ci era. E l'è maritata a uno Bernardo Buonaguisi, e chugino di Matteo: sicché
le cose no· rriescono chome huomo crede. Tutto rimettiano in Dio. Marco à 'uto tre dispiacieri en

de' fatti vostri in duo dì: l'una, la morte di Pandolfo, che gli pare che vi fussi molto afezionato, e disiderava
la tornata sua, p(er)ché sapeva quello aveva a dire di voi; l'altro dispiaciere è che lLorenzo sia Consolo;
e maraviglasi che ttu, Filippo, lo lasci piglare questo; e il terzo dispiaciere è che questa fanciulla degli
Adimari sia maritata; che sendo la minore, e non sendo maritata la magiore, glene pare essere
rimaso i(n)gannato: che aspettava si maritassi la ma(g)giore, e poi arebbe ragionato della minore. Ora
non ci bisongnia pensare: forse che non è il meglo ched io abia a mie dì questa consolazione d'avere una
bella fanciulla. Idio faccia la suo volontà di tutto. Nè altro p(er) questa. Idio vi guardi di male. P(er) la vostra

Allesandra Strozi,
Firenze