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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera LIII

Al nome di Dio, a dì 31 d'agosto 1465
A dì 23 fu l'utima mia, e scrissi a lLorenzo: di poi ò lla tua de· 16; che l'à letta Marcho ed io, ed abiàno
inteso quanto di' intorno al fatto della donna. E ieri rimasi co· Marcho che, avendo io di nuovo
bonissima informazione da due p(er)sone, e truovo che da 4 p(er)sone che i' n'ò auto i(n)formazione,
che ll'à vicine, una di queste si è la Gostanza di Pandolfo, che tutte s'acordano a dirne
a un medesimo modo; che chi l'arà, ne sarà ben contento; che ll'à a fare buona riuscita. Della belleza,
mi dicono quello ch'io m'ò veduto, ch'ell'à una bella p(er)sona, e benfatta; el viso è lungo: ma i' no· lla
pote' il viso molto vedere, p(er)ché parve ch'ella se n'avedese ch'io la guatavo; e dalla prima volta
i· llà, mai si volse inverso di me: poi tirò via chome un vento. Ma si riscontra quel poco ch'i'
vidi con quello m'è detto, che il viso non è di questi chosì begli, ma non si disdicie alla sua p(er)sona:
che lla riuscirà bella, e anchora più bella quando andrà a modo di giovane che di fanciulla. Ella
non è di pelo molto biancho, ma non è bruno: è ulivignia. I' la vidi sanza liscio, e con poche
pianelle. Siché di quello ch'i' ò veduto se riscontra chol dire di chi i' n'ò domandata; e non me ne pare
essere i(n)gannata di questo, e della chondizione buona ch'ell'à; e mi disse la donna di Pandolfo:
«e ch'ella leggie così bene!». E domandando s'ell'aveva del zotico, diciemi di no, ch'ell'è desta, e sa ballare
e chantare: che s'ell'à queste p(ar)ti, mi do a credere che sia quello m'è detto di lei. El padre è stato
de' puliti giovani da Firenze, e gientile di costumi. Vuole tutto el suo bene a questa fanciulla:
è da credere che l'abia allevata bene di costumi. Siché ieri mandai p(er) Marcho, e dissigli quello
n'avevo sentito. E ragionato un pezzo sopra di ciò, terminamo che dovesse ragionare chol
padre qualche parola, e di dargli un poco di speranza, non però in modo che noi non ci potesimo
tirare adrieto a nostra posta; e da llui entendere della dota, più oltre che non s'è inteso:
che sento à i(n) sul Monte mille f(iorini) o più. Della dota ti si scrise, ch'ella non si poteva avere, se non
si pagava el Chomune. A questo non s'ebbe buona informazione; che Marco se n'è poi enformato,
e non si ritiene dote p(er) debito di Chomune. Ma dicie bene che, p(er) rispetto che chi è fuori
del contado e distretto di Firenze, toglendo donna di Firenze, non può aver la dota dal Monte,
se non si vincie pe' Consigli; che bisongna mettere una pitizione, che dicono si vincierà agievolemente.
Ora di questo e di quanto sarà rimaso Marco con Franciesco de' ragionamenti
avuti ieri ensieme – che non ò veduto poi –, Marco te ne doverrà avisare questo dì medesimo;
e intenderai più chiaro di quello è seguìto: che Idio ci dia a piglare cosa che ssia la nostra
pacie e chonsolazione di tutti. A me pare tu i(n)te(n)da da Pandolfo se si riscontra il dire suo con questi di qua.
Qua[n]do questo fatto avesse concrusione, di' che dirai l'oppenione tuo, e che non ti va p(er) l'animo
di fare tante maravigle quanto à fatto l'Ardingello. A questo ti dico, ch'i' non so
tuo pensiero, ma i' credo tu vorra' l'onor tuo i(n) questo chome nell'altre cose; e non si richiederà
tante frasche: che piaciendo a Dio, none starà 30 mesi a vedere il marito,
chome quella dell'Ardingello, che, poi che stava tanto sanza sentirne nulla, era di bisongno
che passasi tenpo chon dargli degli spassi, in adornalla e andare alle feste; e così
credo, se ne fuss'ita a Bolongnia dopo il maritagio di 4 o 6 mesi, non arè fatto nè si richiedeva
fare delle spese che ànno fatto. Siché a noi non sarè questo; che più brieve tenpo starè
di qua; ma nel tenpo che ci starà, si farà quello che ssi richiederà. E se riuscirà bella, com'io
credo, sarà nicistà fare belle cose; che pure n'arei vanagrolia di vederla bella, e star
bene colle belle cose. E non vorre' punto fussi, di belle gioie, pegio che ll'altre. Le gioie sono
chose di che lla potrai bene fornire; che so chostà arai chi tti servirà: siché di queste no· glene farai
charestia. E s'e panni non s'adornano chon perle, bisongnia adornalle chon dell'altre frasche;
che si spende assai, ed è gittato via la spesa. Siché a spendere utile ti conforterò, secondo ci parrà
el bisongno. Aviso vorrei che mi dessi che, venendo fatto questo, e avendo a fare seta o panno, in
che maniera sarè tuo pensiero; o al modo di qua, che s'usano in più manieri di vestire; o al modo
di costà, che non mi piacie el vestire delle donne. Damene un poco di tuo pensiero: benché .. ... .....

Di quella degli Adimari, non si disse che cci fussi alle mani; ma eraci noto ch'ell'era bella, e buona dota:
e non v'abiàno pensiero, p(er)ché avendo tanta dota, non è da stimare la mandino di fuori chon essa; e
e' non àno bisongno di sciemarla p(er) loro. Siché di questa n'ò levato il pensiero. A(n)dai bene parechi mattine
p(er) vederla, la mattina alla messa, questa belleza, che si dicieva tanto; e mai la vidi: ma vennemi ina(n)zi
questa di Franciesco; siché non son ita poi più drieto. Non ci si truova di quelle che abino le p(ar)ti che
l'uomo vorrebbe: e se v'è di quelle che abbino alchuna p(ar)te buona, non sono belle. I' p(er) me no· mi vorrei vedere
queste trestizie inanzi; che poco contento se n'à a vedersele p(er) chasa. Questa, che dise il
Gondino, de' Corsi, ch'era sanza padre, si maritò; e quella degli Scolari non mi piacie. Disse a me d'una
de' Corsi, che à padre; ma che no· llo poteva disporre a dire di sì. I' no· ne feci caso; che sono altiere p(er)sone:
e llui no(n) m'à detto poi altro. Chome per altra v'ò detto, qua no· si truova se nno(n) marame, p(er) di fuori:
e questa è il meglo che ci sia arivata inanzi; cioè questa di Franciesco. Idio ne lasci seguire il
meglo. E m'è venuto pensiero di scriverne a Nicholò duo versi, di questa faccienda che ci è alle mani;
aciò che, s'ella avessi efetto, che paia che l'uomo lo stimi. E non è tanto che si p(ar)tì da Firenze, che no(n)
si debba ricordare di questa famigla: e poi Bettino ne saprà ancora ragionare co· llui; che vi fu la
sirochia maritata i(n) quella chasa. E ttu ancora glene da' aviso, e chiedigle suo parere. Sento ch'egl'à
di belle p(er)le, se no· ll'à vendute: che cie ne serva delle più belle ch'egl'à. Nè altro per ora. Idio di male
vi guardi. Atendete a star sani. P(er) la vostra Allesandra Strozi, i(n) Firenze.

La Mado(n)na ne venne in costà. Idio l'aconpagni: e voi vi sapiate
guardare, i(n) questa festa, de' disagi el più che potete.