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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera L

Al nome di Dio, a dì 26 di luglo 1465
A dì 20 fu l'utima mia. Ò di poi la tua de· 12 detto. R(ispost)a.
Del none iscrivermi ispesso, non credo punto sia p(er) non ti ricordare di me; che è naturale che-l figluolo
si richordi della madre massimo quando non è suto abandonato da llei ne' sua bisongni: ma
quando non ò vostre lettere espesso, estimo bene che lle ochupazioni di cose che inportano vi danno
tanto che fare, che il tenpo vi mancha a scrivere a me. E benché mi paia ispiacievole il non avere
vostre per ongni fante, quest'altra p(ar)te dell'avere voi assai che fare mi fa istare paziente. E
di cierto, che volentieri veggo le vostre lettere, che aspetto el mercholedì o il giovedì, che dè giungnere
il fante, co· piaciere, credendo avere duo versi di vostra mano: e quando i' no· n'ò, e ll'animo
mi si distende aspettare p(er) l'altro fante; e non n'avendo, mando asapere dal bancho; se truovo abino
vostre, piglo chonforto che voi sete sani e state bene. E così vengo passando tenpo. E ri[n]grazio
Idio che di voi sento buone novelle, e che avete assai facciende e d'utile e d'onore; che asai mi piacie.
Ed è vero quello che ttu di', che ttu ài, e noi techo i(n)sieme, più grazia non meritiano: ed ò isperanza
i· llui, che, conosciendo noi e benifici e lla grazia che v'à data per ensino a qui, ched e' vi prosperrà di
bene i(n) meglo. Chosì lo priego p(er) sua misericordia, e al chontinovo fo pregare p(er) voi; e da un pezzo in
qua s'è fatte tante orazioni p(er) la faccienda vostra, che per cierto non piacie a Dio anchora che noi abiàno
questo chontento. Riputo tutto p(er) lo melglo. Avevone isperanza i(n)nanzi la presura del Conte;
ma di poi sento le cose sono i[n]traversate e· modo, che non è per ora da parlarne. E chi dicie non esere ora
tenpo, credo sia vero, p(er) quello sento: e non so pensare quando s'abia a esere il tenpo; però
che si vede ongni dì traverse tra lloro. E questa morte del Conte à molto dato che dire di 47 e di
48; e· modo che voglendo e mag(g)iori mandare inbasciadori, l'uno chostà a· rRe e l'altro al Ducha, non si vincie. Darèmi
pocha noia queste chose, se non fussi el fatto nostro: siché vedi a che termine ne siàno. E quanto
a me, non è da farne ora isperienza; che penso, se lla si cimenta, ella no· rriesca: me ne parrebbe
p(er)dere assai di riputazione, e spezialmente nel fatto de 33 p(er) 45. Ora tutto si vuole rimettere
in Dio, che lasci seguire il melglo di tutto.
Per altra ti dissi delle melarancie mandate a Piero, e lla risposta che fecie a Giovanni: doverratti
avere iscritto, che così disse di fare.
Piaciemi molto che lle chose de· rRe sieno assodate, e nette de' dubbi che si potevano avere. A
Dio piaccia mantenerlo lungo tenpo in pacie e in buona prosperità, cho(n) salute dell'anima e
del corpo. Madonna Ipolita si dicie ne verrà pure i(n) chostà, e don Federigo cho· llei: aco(n)pangnigli Idio.
Siàno a dì 27; e Marcho P(arenti) è venuto a me, ed àmmi detto chome più tenpo fa ragionàno del
darti donna e faciemo pensiero che delle cose che ci erano, e dove noi credavamo potere andare,
e quello ci pareva meglo di parentado, se ll'altre chose avesse, ch'ella fussi di buono sentimento e
bella, e non avesse del zotico, si era la figluola di Franciesco di messer Guglelmino Tanagli; e che
per ensino a ogi non ci è venuto inanzi chosa che ci paia dal fatto tuo più che questa. E in vero, non
se n'è ragionato troppo, p(er) la chagione ti sai: pure segretamente noi abiàn ciercho, e non si truova
se none giente, p(er) di fuori, che ànno manchamento o di danari o d'altro. Ora el minore difetto che
sia di questo, si è e danari; e quando vi sono l'altre p(ar)ti chonpitenti, non si dè guatare a' danari, chome più
volte m'à' detto. Siché il dì di Sa· Iachopo, esendo Franciesco grande amicho di Marco, e avendo una gran fede i· llui, si
mosse con bel modo e savie parole, avendo di già parechi mesi sentito che noi volentieri areno veduto
la figluola, a domandare Marcho di questo, e che stimava che se ne domandassi p(er) te, e che quando noi
avesino il chapo a ciò, che ci veniva volentieri, p(er)ché tu ssè huomo da bene; che avendo fatto senpre be' parentadi,
e avendo pocho che dargli, piutosto la vuole mandare di fuori a p(er)sone da bene, che darla qui a di quegli
che si truovano, chi à pochi danari: e no· ssi vorrebe abassare. E volle che Marcho andassi cho· llui a
chasa sua, e chiamò giù la fanciulla e· gamurra: la vide; e profersegli che ongni volta ched io la volevo
vedere, e così la Chaterina, che cie la mosterrebe. Dicie Marcho ch'ell'à bella p(er)sona, e parvegli che
fussi ricipiente fanciulla: e noi abiàno i(n)formazione ch'ell'è di buono sentimento e atta, che à a governo
brigata assai, che sono dodici figluoli, 6 maschi e 6 femmine; e, secondo sento, ella governa
tutto, che lla madre sta senpre grossa, e non è da molto. Ècci porto da chi usa in chasa, che lla governa
la chasa lei; che così l'à avezza el padre, ch'è ttenuto d'assai, ed è stato de' puliti giovani da Firenze. Siché
pensando che si ' a(n)dare p(er) la lunga, non mi pare

passo: e p(er)tanto avisa di quello s'à a fare; e sarebbe buono, a mio parere, che ttu ne domandassi
Pandolfo: che sendo el più presso vicino a questa fanciulla, n'è da sapere el tutto; e chosì della condizione
del padre. Non gli direi che noi n'avessimo nulla ragionamento; ma, avendo el pensiero, se te
ne consiglassi: e se te ne diciesse bene, come è stato detto a noi, sarè da credere ; e fermarsi
qui, e diliberare d'uscire di questo pensiero: che preso il partito, passato l'afanno. Credo da Marco sarai
di questo fatto avisato più p(ar)tichularmente, che non ò fatto io, p(er)ché la praticò, e i(n)tende meglo
di me. Metti in ordine le gioie, e belle, che la mogle è trovata. Esendo bella, e di Filippo Strozi, è di bisongno
di belle gioie; che, come tu ài l'onore nell'altre cose, en questo non vuole manchare.
Lorenzo non mi scrive; che no· n'ò da llui da· 27 di giugno en qua; che mi fa pensare che non sia di
buona vogla: avisa che nn'è, e s'egl'à avuto reda, che mi disse Tommaso che l'aspettava. Credo starete
tanto sanza donna, che ne troverreno qualche serqua. Idio vi presti pur vita, come disidero.
Nè altro p(er) questa m'achade dirvi, se nno· che atendiate a star sani; che Idio di male vi guardi. P(er)

la vostra Allesandra Strozi,
in Firenze