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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera XLVI

Al nome di Dio, a dì 20 d'aprile 1465
A dì 13 fu l'utima mia. Ò di poi la tua de· 7 detto. Farò p(er) questa r(ispost)a al bisongno.
Veggo che lLorenzo t'à detto chome mia volontà gli pare sia di venire a stare dove voi pure
dadovero; e che per una non potresti avere maggior consolazione: che solo resta asettare el fatto
della donna. A che ti dicho del fatto mio, che senpre è stato l'animo mio e lla mia volontà d'esser
presso a voi: ma vedete la lungezza dello spacciare le mie chose di qua; e poi che ffurno ispacciate,
ci è stato un pocho di speranza del tornare, donde n'è sequìto lo 'ndugiare a tor donna; ed io, vedutomi
dell'età ch'i' sono, e malsana, non credendo giugniere a questo tenpo, n'ero invilita, e
quasi p(er)duto la speranza d'aver mai consolazione, se nnon p(er) lettere. Pure la veduta di Lorenzo,
e i(n)teso che ttu sè disposto di tor donna, e che avendo fermo l'animo a fare questo
passo, mi pare ragionevole e dovere ched io estia tanto si dia effetto; che tosto si doverrà
vedere. Ben ti dico che, se non fussi questo fatto della donna, niuna isperanza n'arei
di stare dove voi, p(er)ché al chontinovo ci sarebe degl'inpacci e degli storpi di tormi questa
venuta e questa chonsolazione di stare dove voi. E se a voi fussi grande, pensa che a me sarè
maggiore: che p(er) ragione naturale debbo aver grande amore e tenereza più inverso di voi,
che voi enverso di me. Poi ci è el bisongno: che i' posso male fare sanza voi, e voi sanza me potete
tutto fare! Siché puo' credere che a lLorenzo i' abia detto il vero di mie volontà. Ora
i' priego Idio che lasci seguire il meglo di tutto.
Aspettàvi la venuta degli i(n)basciadori nostri. Saranno di poi giunti, e parlato co· lloro, e inteso
qualche cosa p(er) el fatto tuo; e chome per altra ti dissi, i' n'ero invilita veduto chome tu di': «le
gare sono tra chi può!». Pure arai avuto qualche lume, e vedrai che p(ar)tito è da piglare.
El fatto della donna, mi pare è sechondo el parere nostro e di Tommaso Davizi, che se Franciesco
di messer Gulglelmino Tanagli volesse dare la figluola, che sarebe bel parentado ad ogni
tenpo; e di quante cie n'è venute alle mani, questa à più p(ar)te. Quella da Vernia mi piacieva;
ma ell'ànno del goffo e aria di villa, secondo m'è detto. Ora intenderò con Marco se ci fussi altro
che ci paresse meglo; e non sendo, si farà d'intendere se vollese darla; che no(n) se n'è ragionato
se nno(n) tra nnoi. Franciesco è pure estimato giovane, ed è nello stato; ma non è della sorta
maggiore. Pure è negl'ufici. E se ttu diciessi: «P(er)ché la darè fuori?». E ci è più chagioni da doverlo
fare. La prima, che ci è iscarso di giovani dabbene, che abino virtù e rroba. La sechonda, ch'ell'à poca dota:
credo sieno mille f(iorini); che è dota d'artefici; che ne dà Manfredi alla sua dumila f(iorini) p(er) mettella i(n)
chasa e Pitti, ed à anni 15; e llei n'à 17. Siché vedi quello si truova. La terza, p(er)ché credo la darebbe, si è ch'egl'à
gran famigla, che à bisongno d'essere aiutato aviargli. E questo sarebbe la principale cagione
che mi fa credere che la darebbe. Entenderonne qualche cosa; e non volendo, si ciercherà d'altro;
e ne sarai avisato.
Entendo che a mona Ginevra di Gino mandate libre 80 di lino, che mi piacie; che pure parrà
che voi estimiate el servigio ci fecie. Mona Lucrezia di Piero vego t'à scritto buona lettera
per amore del lino. Fare' bene a rimunerarti i(n) cosa che non v'à a spendere se nno parole; e quest'è
di raccomandarti a Piero, che tti faciessi tornare in chasa tua. Ringrazio senpre Idio,
che da llui prociedono tutte le cose, ed è chagione di darci delle prosperità, e così delle aversità
pe' nostri peccati. A ongni modo si vuole ringraziare; e preghiallo che cci dìe grazia; siàno chonoscienti
de' benifici ricieviàno da llui. Di' che ttu e lLorenzo istate in buono achordo, che mi piacie, e ve
ne segue utile e onore. Ed ò molto charo che llo facciate tanto più p(er) mio contento; che Idio ve
ne renderà merito e vi presti vita lungo tenpo, chome disiderate.
Piacierèmi che Piero si ricordassi dello onore che p(er) suo amore faciesti a messer Charlo; di quello
che può, vi ristorassi i· rrimettervi in chasa vostra e, in questo, vorrei si ricordassi di voi: che
Idio glele metta nel chuore che lo facci, se deb'essere il meglo.
Ni(c)cholò Ardingelli mena domani la donna, ch'è gran festa; ma di poi mi penso sarà il contradio,
che n'andrà i· lLevante. Idio gli concieda di suo grazia.
Venne mercholedì don Federigo. Sento gl'ànno fatto grande onore; e giovedì mi venne a vicitare
due gientiluomini, che dicono istanno presso a tte, e molto ti lodorno e dissono maravigle

di te. Ringrazia'gli della venuta loro; di poi ofersi loro la chasa e quello che p(er) noi si poteva, prega(n)dogli
che piglassino sichurtà nelle chose tue di qua chome nelle loro propie; e chosì alchun'altra buona
parola chome achadde, e lloro il simile; e sì si partirono. I' te ne do aviso, p(er)ché ne gli possi ringraziare
quando fia tenpo. Nè altro p(er) questa m'achade dire. Idio di male ti guardi. P(er) la tua Allesandra Strozi, Firenze.

La Lesandra e Giova(n)ni sono venuti qui per un mese; e inanzi p(ar)tano di qua, si farà quello s'à a fare.
I' ò fatto levare a tTomaso braccia 4 di domaschino bigio p(er) donare al maestro Lodovicho, che à 'uto
una fanciulla femina. Àmi medichato asa' volte, e non à 'uto danaio;
siché ora gli mando questo: chosta f(iorini) 4 e s(oldi) 12 a oro; sicché fategli
buoni a Tomaso.