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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera XLV

Al nome di Dio, a dì 29 di marzo 1465
A dì 16 fu l'utima mia. Non avendo poi tua, ò p(er) questa manco a dire; ma solo fo p(er)ché non mi dime[n]tichiate,
e di darvi chagione, quando avete tenpo, di farmi duo versi: che non ò altra consolazione
che sentire, p(er) lettere vostre, che siate sani e facciate bene. Che Idio sia lodato di tutto.
I' ò lettere da Roma da lLorenzo, che a dì 20 si doveva p(ar)tire p(er) chostì . Arò piaciere sentire
si sia chondotto a salvamento. Così piacia a Dio che sia. Aspettone pelle prime; e da llui entenderai
delle cose passate. Di poi che si partì, i' non ò inteso altro di qua, se nnone che oggi s'aspetta Ni(c)cholò
Ardingelli alla porta: à 'vuto licienza p(er) 12 dì; e chi dicie che l'ebbe molto largamente, e chi
dicie che no. Pure Giovanni Ruciellai fu il chieditore a Piero; e forse Lorenzo suo vi s'adoperò p(er)
fare quello apiaciere alla suo dama e donna di Nic(h)olò, p(er)ché ne facci a llui; che ispesso la vede! Ànno
isperanza che anchora aranno grazia, e non passerà molto tenpo. Chosì piaccia a Dio che sia, no· llasciando
adrieto degli altri. Gioverà forse più l'avere bella molgle, ch' e prieghi di 47! Tutto p(er)
lo meglo sia.
L'inbasciadori si partirono ier mattina p(er) chostì; chonduchagli Idio salvi. Ànno di molte buone parole,
chome da lLorenzo sentirai; non so chome seguiranno gl'efetti: che oggi dì è dificile a trovare
uhomo di fede, e che tenga sue parole in piè. Senti' che don Federigo si doveva p(ar)tire di chostà
più dì sono, en modo che lLorenzo non ve ll'arà trovato; e chosì e nostri enbasciadori: e me ne
sa male, che qualche cosa si sarebbe di meglo inteso de' fatti tua, sendosi trovati chostì ensieme. Ricordoti,
sopra tutto, che vadi sodamente en questa faccienda; che facciendone inpresa, e non riusciendo,
saremo la favola del popolo. Che Idio el meglo ti dimostri.
P(er) Batista da San Chasciano ebi el fardellino chon 6 mazzi di lino, e lle 2 matasse di seta, che ll'ebbe Tomaso.
E· lino mi parve bello, ma (n)no· llo posi bene mente allora, che mi sentivo di mala voglia;
che poi partì Lorenzo, no· mi sono sentita bene, en modo che ò mangiato dell'uova: non ò av(u)to
febre, ma i' ò molto debole il chapo, e alle volte pare che il ciervello mi si volga. Ebi della p(ar)tita
di Lorenzo grande rimescolamento: e sì chome viva mi pareva essere mentre che ci stette,
chosì mi parve essere sanza la vita e morta, quando p(ar)tì; che mi parve un sofio questa sua
estanza. E del tenpo che ci stette, no· gli mostrai niuno mie fatto, p(er)ché mecho non portai scrittura
niuna, credendo ch'entrassi in Firenze; e di poi, quando ne fu' chiara, non volli venire per esse, p(er) no(n)
mi p(ar)tire da llui quel poco del tenpo che ci stava. Ebine chonsolazione, ma i' ò auto di poi tanto dispiaciere
che me ne sentirò un pezzo. Sicché el lino non ò poi riveduto, che non ò a filare per ora. E p(er) Batista
detto, che viene chostà, mando el farsetto di Lorenzo; e chon esso 6 sciugatoi, un pocho più sottili che quegli
altri. Sono 4 grandi p(er) tenere al chapellinaio, e 2 piccoli p(er) le spale quando vi pettinate. Non ò fuori
di pezza più per ora; fate a mezo, e i' n'ò ordinati: che si faranno ora tanti che sarete forniti per un
pezzo. Engiegneromi gl'abiate p(er) tutto maggio, se piacierà a Dio.
A questi dì passati i' non so s'i' mi ti scrissi de' danari pagò Zanobi di Diettisalvi e chonpagni p(er) 3 chatasti
e un mezo danaio p(er) lira: furono i(n) tutto lire ciento nove, s(oldi) 8 e d(anari) 8; loro te n'aranno avisato. Fu a
dì 8 di questo. E di poi a dì 23 pagorno i· mie nome a Bartolo di Michele pizzichangno[lo] f(iorini) 5; che p(er)
questa quantità si fecie d'acordo che di nove f(iorini) n'avesse 5: e fecie fine di tutto, p(er) mano di ser Piero di
ser Andrea da Chanpi, a dì 22 di detto. Faronnelo debitore al libro di Matteo, a carte 131; dove Matteo era
debitore. Achoncierò chome m'à detto Tomaso; e oltre a questo ne farò ricordo al mio quadernuccio.
Ed àmmi renduto la scritta dell'obrigo di Matteo. Fatene anche voi ricordo.
Dissi a Batista mi rechasi delle melarancie: siché, alla tornata sua qua, fa che me ne rechi parechi,
ch'i' l'abia in questo maggio.
E scrivo a lLorenzo di parechi fanciule esaminate, avendo le parti che noi vorreno, quale parentado
t'agraderrebbe più: che chi a ttenpo vole mangiare, enanzi all'ora gli conviene pensare. Che Idio ci aparechi
cosa buona. Nè altro p(er) questa. Idio di male vi guardi. P(er) la tua

Allesandra Strozi, Firenze