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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera XLIV

Al nome di Dio, a dì 7 di febraio 1464
A dì 26 passato fu l'utima mia; ò di poi, sotto lettere di Lorenzo da San Chirico, una tua de· 18 di detto. Achaderà
pocha risposta; farolla p(er) questa al bisogno.
Giunse qui Tomaso a dì 31 passato, a ore 23, e essofatto diè le lettere rechate di costà a chi l'aveva a dare,
e da 46 e 54 e dagli altri amici ebe grate risposte. Dal fratello di 32 asai buona. Dietisalvi t'è grande
e buono amicho, che n'à fatto dimostrazione, e chosì Zanobi, i(n) questa licienza di Lorenzo, che troppo sete
loro obbrigati. E benché ci sie ito un poco di tenpo i(n)n averla, e che p(er) gl'amici tua si sia durato faticha,
pure, p(er) la grazia di Dio, iarsera, di notte, s'ebbe detta licienza. E p(er)ché la legie dicie che niuno chonfinato
possa venirci, se nno· p(er) le 44 fave e pe' Consigli, se nno(n) ch'e' cangia i(n) bando di rubbello, e p(er)tanto s'è fatto
p(er) via di comandamento: che, a pena della alturità loro, ch'e' venga qua fuori della porta, dove vuole,
p(er) tutto marzo. E questo, secondo m'è detto da chi entende ch'egli sta i(n) buona forma. E p(er)tanto fe....
Charlo Guasconi gli mandò un fante a ore 5, di nonte, chol detto chomandamento: aspettiello a dì 9.
Mandilo Idio salvo. Non ci pare enteramente la chiesta de· r(R)e, che llo chiede p(er) drento nella terra.
E anchora, el bisongno suo è-l contento nostro; che ci sarà di gran disagio a lui e a me, e di più spesa. Pure non
è chosa da richusarla, e potreb'essere che di qui a qualche dì, che gl'amici nostri lo faranno venir drento;
che di così sono confortata. E i(n) questa sua venuta, quando non si fussi aquistato altro, pure s'è veduto
che ci avete degl'amici, e di quegli che vi darebono aiuto e favore a maggior chosa che questa. Siché del dubio
ch'io ti scrissi, p(er) l'utima, ch'i' avevo, mi sono rimossa p(er) le parole ò sentite son ite atorno i(n) questa fatti di
Lorenzo; che me ne conforto. Prechiamo Idio che p(er) sua misericordia provegga al nostro bisongno, dell'anima
e del chorpo.
Avisoti che 2 dì sono, fu fatto p(er) la Chomunità enbasciadori chostà alla maestà de· rRe e al Ducha di Milano,
che è Dietisalvi; e chostà è meser Luigi Guicciardini e Pandolfo di meser Gianozo Pandolfini, el quale
s'è adoperato al fatto di Lorenzo chon sollecitudine e chon amore, e a' fatti vostri sarebbe afezzionato,
potendo. Marcho Parenti, p(er) suo p(ar)te e mia, t'à loro oferto: se p(er) te si può fare di costà alchuna chosa p(er) loro,
che tte n'avisino, e fara'lo volentieri; acciettorono le oferte gratamente, e che noi ti scrivesino che
ttu t'adoperassi co· rRe, esendo chostì nella terra, che dessi loro la chasa fornita e spese, chome è costumato
fare agli altri enbasciadori. E i(n) chaso no· llo volesse fare, che ttu tolga loro una chasa bastante
ad amendue; che a mezo marzo vi sara(n)no, e non trovandola, che ne tolga p(er) ciascuno una, e mettila in ordine del bisongno.
Ora, Fil[i]ppo, par tenpo a pensare al fatto tuo, e d'adoperare tutto quello si può p(er) la ristituzione vostra. E
benché i' creda che ttu ci abia pensato e al continovo ci pensi, pure ancora noi di qua ci faciàno pensiero
di quello crediamo sia el bisongno vostro. E questo si è, che verranno chostà questi 2 enbasciadori, e
tu fara' loro onore, e con qualche presente gli viciterai chome si richiede; che dimostrano nel parlare
loro d'esse[r]vi grandi amici, e potendo, en qualunche cosa ti servirebbono. E a me pare sieno di
qualità buona pel fatto tuo: però che messer Luigi è assai riputato nello stato e ci à buona chondizione;
e Pandolfo non è tanto, pure n'è fatto istima, che è valette e scienziato giovane; ma fo conto del
buon animo ànno i(n)verso di te. Il p(er)ché a me parrebbe che ttu prima intendessi da· rRe se p(er) te volessi
fare enpresa di ch[i]edere che ttu fussi ristituito, e volendo di buono animo, enteso la chagione della venuta
d'essi enbasciadori, venendo per ai[u]to e favore del Chomune e chiedendo qualche cosa a· rRe, . che
volendo i· rRe servigli, che chiedessi loro el fatto tuo chordialmente, e che qua ne scrivessino,
e chiederti di grazia, e per rimunerazione di quello à rricieuto da tte. E oltre
a questo, che i· rRe ne scrivessi ; e tu sai che Dietisalvi
ti v(u)ol bene, e tu anchora glene scrivi, e raccomandagli el fatto tuo: ch'è huomo che qua può assai,
e son cierta che quando ne fussi richiesto di 48 di tal grazia, e che qua ne scrivessi dove sa che bisongnia, che
assai ti gioverebbe. Anchora ài Piggiello che tt'è amico, che tti potrè dare un poco d'aiuto di là e di qua. E i(n) questo
mezzo, fatto che i· rRe avesse la tuo chiesta agl'inbasciadori, esere cho· loro, e richiedergli s'adoperino
di darti aiuto e favore a questo tuo fatto: che volentieri lo faranno, e masima quando tu faciessi
loro qualche presente. Avisandoti che altro presente si richiede a messer Luigi che a Pandolfo. So che lo conosci
el bisongno. Anchora t'aviso che è d'adoperare, venendo el figlulo 47, o altri che fussi anto a chiedere
tal grazia, e chosì venendoci qualche huomo dengno da 48. Tutte queste chose, potendole accozare,
credo areno l'attento nostro; che pure ci è qua di quegli che vi darebono aiuto, pure che sentisino
fare tale i(n)presa. E p(er)tanto ne viene il tenpo atto a potere achozare tutte queste chieste;
che ma' più verrebe un tenpo commodo chome fia questo. E se lle richieste s'avesino chome
dico, e di buono animo, mi pare eser cierta che a tante Potenze non si negerebe la loro domanda;

se fussi dinegata p(er) no· mettere questa chanella, si vole i(n)sengnare la risposta a chi vi doma(n)da e chiede, che gli altri
nel grado nostro non aranno tali Singnori che gli chieghino nè (l)le virtù nè ' meriti i(n)verso la patria
chome voi.
E p(er)tanto t'ò fatto questo discorso a ricordarti el mio disiderio. So che m'intenderai, p(er)ché
no· ssia escritto chosì ordinato, e meglo ch'i' non so dire. Da altra p(ar)te si vole la prima cosa raccoma(n)dare
a Dio, che sanza lui nulla si può: che disponga le menti degl'uomini a farci quella grazia disideriamo,
se-l meglo debb'esere. E a queste p(ar)ti no· me ne rispondere, che non è di bisongno.
Siàno a dì 9 e ieri ebi la tua de· 25 passato. Risposta p(er) questa. Mandai la sua a messere ., chome l'ebbi;
Lorenzo aspettiano istasera: mandilo Idio salvo e 'n buon punto p(er) l'anima e pel corpo; e se a Dio piacierà,
ci vedreno di presso, e intenderò di vostro pensiero, e voi el mio. E di cierto, questo tenpo che ci starà n'arò
contento. Chosì volesse Idio ch'i' l'avessi d'amendue, benché tu me ne dia noia, ch'egl'è quello che è da me più amato.
Ò charo che ttu dicha così, che quando ti diciessi di lui più una cosa che un'altra, non te ne maraviglerai,
e no(n) mi negerai quando te lo racomandassi. Di' che con anima m'allarghi di cose sentissi. A che ti dico, che da
Tomaso è da guardarvi, che è molto largo nel parlare. E credo che G[i]ovan[n]i Bonsi e Marcho abia· 'uto da llui
le cose scrivo, p(er)ché i' l'ò da 14 e 13; ed io anchora glen'ò sentito ragionare, ma poco, che poco tenpo à 'uto in questi
dì di ragionare. Ma dubito che co' sua non ne ragioni; e sino martedì, non credendo che sì tosto Lorenzo
avessi licienza, ritornò a San Chirico, e cho· lLorenzo ne verrà. Ricorderogli espesso che no· p(ar)li così aperto
chon ognuno, chome e' fa, che vi potrebe nuciere assai. Ricordaglele, e non dire averlo da mme.
Del donare al Chavaliere avevo levato via. Pure Lorenzo mi scrive che gli p(ar)lò a Roma, e che molte
grande oferte gli fecie, e scrisse qua a Piero p(er) questa licienza. Vedreno che nne parrà a lLorenzo.
L'Ardingello è tornato di Levante ed è a Vinegia. Qua all'aprile doverrà far no-ze. Non ò sentito
chome s'è tornato charico di tesoro. La donna à per anchora tutte le sue gioie e belle chose.
Quel pi(z)zichangnolo non voglo per questo fatto favelli a lLorenzo, ma arò mezo co· llui; e trovando che
di ragione abia avere, i' piglerò acordo co· llui, e cho· più tenpo si potrà, e pagarlo.
Le lettere ritenni di Tomaso glel'ò date. Farò vezzi a lLorenzo quanto i' potrò, così ve ne potesi io fare
tramendua insieme; ma posso pocho, che tuttavia crochio . E ongni dì priego Idio; e fo pregare
che Idio mi concieda grazia, ch'i' mi possa istare questo poco ci ò a vivere chon eso voi, con pacie e co(n)solazione
dell'anima e del corpo. Rachomanditi a me! E i' ò bisongno d'essere raccomandata a tte.
Sento pure Lodovicho aranno che fare tra 'l debito di là e di qua, che poco dove(r)rà loro rimanere di sodo.
A me anche piacieva quella da Vernia, ma i' me ne '[n]formai, e mi pare abi del zotico. Pure nella
stanza qua di Lorenzo ne isaminereno meglo; e così della nipote di G(iovan)franciesco. Non sento di
nessuno suo achordo co' creditori; se nnon che dicie bene di volere fare il dovere, e dà molte
buone parole a ciascuno. Pure ci è chi ne dubita che non faccia nulla. Aspettava Nic(h)olò di Levante, che
si dicieva aveva sue merchatantie. Vedrassi, ora ch'egl'è tornato, quello farà. Nè altro p(er) questa. Idio
di male ti guardi. P(er) la tua

Allesandra Strozi, Firenze

Ebi a questi dì un bariglone di susine, che mi chostano, tra vettura da Pisa a qui e gabella, 30 s(oldi), che no· gli vaglono.
Aresti fatto meglo a mandarmi qualche cosa dolcie, che sono piena di sciesa. Pure ò charo ongni vostra.
E non ti maraviglare di questa mia, che sono i(n) fantasia aspettando
Lorenzo.