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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera XXXVI

Al nome di Dio, a dì 19 di giugno 1464
A· 13 di questo ti scrissi alquanti versi, e chon essa j° fardellino di 12 sciugatoi pel
viso, p(er) te e pe· lLorenzo. E tutto ò diritto a Bettino a Roma, non trovando vetturale
che venga chostà, e gl'ò detto le mandi a Nofri, e di poi a tte: quando l'ài auto, avisane.
Più dì sono ebi una tua de· 13, e poi j° de· 24 del passato; non ò fatto prima risposta,
p(er)ché avendo aconcio e fatti mia, e lla Lesandra e sua, aspettavone chopia di
quanto aveva fatto lei p(er) vostra chiareza. No· ne vole meno di 4 f(iorini) la(rghi): abialla
lasciata, e detto no· lla levi, che diliberamo tu e Lorenzo facciate qua u(n)
procuratore, chome ti dico, a piè della copia del testamento ch'i' ò fatto; che posiate
fare chonpromesso cholla Lesandra di cose liquide e non liquide, e d'ongni
ragione ch'è, eziandio che p(er)venissi da testamento. Siché, potendo fare questo prochuratore
prima che lla tornata di Lorenzo, fallo; e chosì la prochura, che si possa sodare le vigne;
che è tre mesi te lo scrisi, e mai n'à' risposto nulla. E di questa prochura p(er) sodare questa
venduta, fallo chome prima puoi, che chi s'obrigò p(er) voi sia isciolto.
Del testamento ch'i' ò rifatto, ap(ar)ve a ser Pagolo che ne fu rogato, e a tTomaso Davizi
di non fare tanti chodicilli, ma di rifare: che, dalla chasa e-l podere en fuori, è
e· rresto, come vedi, un medesimo efetto di quello di prima; ecci[e]tto quello aroto alla Marcherita
e alla Chateruccia; de· rresto sete reda voi. Del farvi donagione de' danari auti,
non so che ssi bisongni, che gl'avete nelle mani; e chosì à ' esere vostro e lla chasa, e-l
podere e lle masserizie; che di nuovo non mi s'à a rasengniare el mio, che ttuto
fie vostro: e non che dopo la vita mia, ma i(n) vita ànno a essere vostre, quando
fussimo i· luogo da poterle godere i(n)sieme. Che a Dio piaccia sia a mie dì, se è il meglo.
E intorno a questa p(ar)te non ci è da dire altro a mie parere.
I' ò 'nteso el pensiero di 45, e chome vole esser fatta la sua merchatantia. Ciercherassi
così pianamente. E ci è una figluola di Franciesco di messere Gulglelmino
Tanagli, che credo la manderebbe, alle parole à usate di dire. La madre
è de' Guidetti: qui sono tenuti p(er)sone da bene, non so di fuori. Fare(b)belo di mandarla, p(er)ché
à da 13 figluoli, e vorrebe glene fussi aviati qualchuno. Siché dillo all'amicho,
se gli piacierebe; e piaciendogli, mi metterei a cierchare delle virtù e delle
bellezze . Ma insino ch'io non so se lla nazione gli piacie, non vo' cierchare
altro di questa. 40 andò a vedere 46: ebelo charo, e disse che si credette potere
fare del bene al suo amico 45, e che non può; ma col tenpo estima pure s'aco(n)cierà
la cosa. Co[n]presi che passando el padre di 32 a Volterra, che, piaciendo a
Dio, s'aconcierà tutto bene, ma nno· credo passi di questo pezzo . Doverra'ne
da llui averne aviso, cioè da 46. Altro non achade dirne.
Da Giovanni Arighi doverrai avere auto la mia. Di poi ebi un'altra ciedola
da 55 e dal fratello; poi non ò sentito altro. Non sanno ch'i' ve n'abia mandato copia.
La nipote di Giovanfranciesco si sta così. Aspettasi la madre da Bolongna, che se ne la
meni. Altro no· ne sento: è in villa cholla Iachopa. Ègli morto a questi dì di pesta
dua sirochie della madre: quella che fu in chasa e Salviati, e questa di Giachinotti,
che ci ànno molto isbigottiti. A 53 si vorrebe fare, avendo el pensiero alla cosa.
Sarebono pochi quegli che non s'avedessino ch'io mi ricordo di voi, e nel panno e
nell'altre chose. Conoscieretemi quando i' non ci sarò. È di nicistà, a mie parere,
che ttu tolga chi faccia, che ttu non abia le dozzine delle chamicie stracciate;

ched io ci sono p(er) poco tenpo, e massimo ora che siàno i(n) sul tavoliere: che ci fa
la morìa pur danno, e comi(n)ciaci a morire delle p(er)sone da bene. Marco e la brigata
sono per anchora a Firenze, che ci è escarso dove andare: che pelle ville
ne muore, e facieva pensiero d'andarne in Mugiello; ora non à tanta chasa
vi possa istare, siché si sta qui. Non so quello si farà; partito bisongnerà che pilgli.
Quanto di' de' fatti di 52, ò 'nteso; parmi tu abia ragione. Entendo a che chamino
vorrebe andare; passerommi cho· llui di leggiere, e 45 fa bene a star desto co(n) 47,
e fare e portamenti p(er) l'avenire, chome à fatto pel passato. Idio glene concieda la grazia.
Dissiti del tenpo di 45: dell'avere non si ragiona, che ci è oppenione n'abia forse più che
non à. Sie pure tutto chon salute dell'anima.
Sè di proposito che fra un anno t'abiàno trovato donna , ed io, cho· llei, ne venga a stare
chon voi: e se così sarà, n'arò piaciere. Idio ci aparechi qualche buona ventura. E p(er) Lorenzo ci è tenpo a pensare,
se si farà p(er) lui chome p(er) te.
De' marzolini e del finochio m'ingiegnerò di mandartene al tenpo, e del miglore ch'io potrò avere.
A Manfredi Isquarcialupi mi son fatta pe' marzolini, che à l'amicizia dove è de' buoni; dicie mi farà
servire bene. El panno p(er) le chamicie non è anchora biancho; che è 3 mesi che ci abiàno auto tenpo
molto piovoso e poco sole: chome sarà biancho, le taglerò e chucirò, piaciendo a Dio, e stando sana.
Siàno a dì 22, e altro non ci è a dire. Siàno tutti sani. Idio lodato.
Ànno posto pel Papa la trentesima, e chi non paga chade 'n iscomunicha papale; siché abiamo, oltre
al chatasto, questa di nuovo. Dicie Giovanni tu tti 'ngiegni di dar fine a que' drappi, no· ll'avendo fatto.
Nè altro p(er) questa. Idio di male ti guardi. P(er) la tua Allesandra Strozi, Firenze.

Fia i(n) questa la copia di quanto s'è fatto.