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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera XXX

Al nome di Dio, a dì 7 d'aprile 1464
A dì 23 del passato fu l'utima mia. Ò poi j° tua de· 20 di detto, e di' che ne fia aportatore
Giova(n)ni del Mugniaino vetturale, pel quale mandi un sa(c)cho di 25 mazzi di lino alla
Chaterina e· llugo di quello t'à chiesto. E più di' che al vetturale si paghi, p(er) vettura e passagi,
f(iorino) j° la(rgo) . Chosì si farà quando el lino giungnerà; che lla lettera venne sì presto, che no· lla
recò el vetturale, ma venne pel fante: ebila da Miraballi. Ora aspetterò el vetturale,
che fra pochi dì ci doverrà essere. Farò d'avere quello della Chaterina, che non si scanbi
chon quello mandi alla comare. Arà ben charo tal presente, più che se avessi fatto
presenti di confetti. Da Giovanni credo sia avisato della spesa si fecie nel ciero, che
glel'ò fatti buoni; e chosì e danari degl'ochiali, tutto ò pagato.
Anchora di' che sè contento, che quello mandi alla Chaterina no· lli costi danaio. Questo
no· gl'ò detto, p(er)ché mi par troppo lino a donare a Marcho, che à el modo a pagare;
e quando glene donassi 10 mazzi p(er) volta, era assai, e inanzi tra duo volte. Qua(n)do
volessi donarglele, i' no· gli dirò altro ensino non ò risposta da tte; e auta, ne seguirò
la tua volontà.
P(er) j° tua a Giovanni Bonsi di' che-l fanciullo di Sandro era a dì 25 giunto costì: che Idio
lodato. Arai di poi veduto se ll'aria sua ti piacie, e me ne di' quello te ne pare. Avete
costì Andrea, che se ne dicie miracoli della virtù sua, e massimo Tommaso Ginori,
che ve(n)ne el dì della Pascua, e me n'à detto molte cose delle virtù ch'egl'à; e chosì della
Marina, de' vezzi ch'ella ti fa. E sentendo tante cose, non mi maraviglo che vogli endugiare
anchora un a(n)no, e che si vada adagio al darti donna. Fai come colui che voleva
endugiare la morte e-l pagamento el più che poteva: non ài più ch'una femina p(er) casa,
e sè ben governato; e se to' donna, n'arai parechi, e non sai come ti starai. Sicché mi pare
tu sia savio a piglar tenpo, e del buono, quando lo puoi piglare. I' ò detto a tTommaso parechi
cose, a che avevo el pensiero: non so che si seguirà. È vero che la morìa pur segue,
ma non toccha de' buoni; abiane qui en vicinanza, dirinpetto al Pescione. Idio ci aiuti.
Arai auto di poi e f(iorini) 134, che mi scrive Nicholò avertegli rimessi: avisa quando gli
ài auti. E chosì p(er) mano di Nicholò ara' gl'ochiali; se a salvamento si conducono, credo l'amico
tuo sarà ben servito. Avisa chome son giunti sani.
A lLorenzo none scrivo, p(er)ché non so che sia tornato di Cicilia. Ruberto di Ramondo e
Franci[e]sco di Soldo, che venno(n) di Levante, me ne dissono novelle, ch'egli stava bene. Idio lo
rimandi sano, e lungo tenpo vi mantenga, chom'io disidero.
Tornò qui Giovan Tornabuoni, e non sento dire nulla della figliola di Lorenzo. È ben
grasso, ed à presso al 40, al modo tuo. Non credo Giova(n)f(ranciesco) lo faciessi; e quando pur
volesse, la madre non è di quel volere, se nnon si rimuta d'animo.
Ara' sentito della galea p(er)duta en Fiandra, che è stato grande scurità: perduto
tante p(er)sone e lla roba. Idio abia 'vuto misericordia di loro. Estavo prima co·
pensiero di Lorenzo quando sento che va i· mmare, ma ora ne starò con maggiore
paura quando saprò abia andare o tornare p(er) nave; che l'Angno Rafaello
l'aconpagni. Avisa se è tornato o quando l'aspetti. Che di male vi guardi Idio. P(er) la tua
Allesandra Strozi, Firenze.

Racchomandoti Franciesco: se non è con tante virtù
come Andre[a], abi pazienza; e 'nsegniategli, che à buon
sentimento, e credo aparerà.