...

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera XX

Al nome di Dio, a dì 2 di novenbre 1459
A dì 24 di settenbre fu l'utima mia. Ò di poi la tua p(er) Gherardo; che piaciere ebi della
sua venuta, che a boccha mi disse buone novelle di te, e chome stavi benisimo della
p(er)sona, e che eri ritornato nell'esser tuo di prima inanzi che avessi male: che
ringraziato sia Idio, che tt'à renduto buona sani[tà]. Risposta (per) questa alla tua.
Sè avisato p(er) più lettere chome piaque a Dio insino a dì 23 d'agosto chiamare a ssé
quella benedetta anima del mio Matteo, al quale Idio abia fatto misericordia.
E stimo che da Filippo sia suto avisato quanto e' fecie de' suo fatti, e chome lasciò
quel poco che aveva: che mi scrisse che, chome avesse rechato al netto, t'aviserebe,
e così me, quello vi fussi di suo, tratto quello aveva da mme. Ora al fatto della
morte non bisongnia pensare, che non ci à rimedio. Àmi dato e darà i(n)sino
al fine assai amaritudine; e più p(er)ché non mi vi trovai a dargli aiuto nè cho[n]forto
niuno. E bench'i' sapia che nulla gli manchassi, pure ò pena ch'i' non mi
vi trovai. Or alle chose che non è rimedio non è da pensare, e recharsi a pazienza:
che ttuto fa Idio p(er) lo meglo dell'anime nostre. Chonfortati a pazienza, e pregare
Idio p(er) lui: e aparechianci avere dell'altre; che ci p(er)chute Idio, e lle gienti
del mondo. A tutto ci bisongnia preparare a portare en pacie.
Avisoti chome Anto(ni)o Macingni è stato malato bene un mese di terzana, e
ora pareva quarito e sanza febre: mossesegli a dì 20 del passato uscita, e fra duo dì
chalò forte; en modo che Niccholò Soderini, era podestà di Prato, subito ci venne,
e sì gli fecie far testamento, e feciesi lasciare p(er) più chagioni e ragioni mostrò
avere chontro al detto Anto(nio), ciò ch'egl'à. Di che n'è seguito grande iscandolo
tra lla Chaterina di Giorgio e ' Macingni chontro a Nicholò. E àn tratto fuori el testamento
che fecie nostro padre, che dicie che lascia reda Zanobi e Antonio;
che manchando l'uno, redi l'altro; e ma(n)chando amendue, sanza reda, che
la redità torni a Giovachino e Charlo, o lloro figluoli. Siché, esendo motti Zanobi
e Antonio sanza reda, dichono che ciò che rimase di loro p(er)viene ne' detti Macigni.
Ora s'à a vedere se gli à(n)no ragione: che ave(n)dola, ci bisongnerà por su
e danari s'ebbono da messer Otto. Aiuterommi quanto sarà possibile, adoperando
amici e parenti chome bisognerà. Se pure la ragione fusse p(er) loro, bisongnerà
avere pazienza. E torto non ci à(n)no a fare. No· mi manchava altro p(er) ristoro
delle mie fatiche! Che a Dio piaccia porvi fine, se è di sua volontà. Sieti aviso.
La retifichazione ebi: èsi fatto quello bisognia, e riebi le spese. Tra lla tua, che fu j° du[chato]
e 12 du(chato), en tutto s'è auto grossi 31; che mi diè meno grossi 2
che non vi chostorono. Sia al nome di Dio, che se n'è uscito delle sue mani.
Delle posisioni da Quarachi non ò preso anchora p(ar)tito p(er) buona chagione. Sono cose
buone, e il luogo, che senpre si troverrà chonperatore.
La graveza mia è grande, e no(n) posso fare di non pagare; che ò dopia ispesa no(n) pagando,
e vone in tante noie di me e d'altri, che ò chominciato a pagare. E per ensino
a questo dì i' n'ò pagati 5 chatasti, che sono f(iorini) 45. E della graveza vechia, n(n)'ò
pagate 3 graveze, che son f(iorini) 24. E chosì farò, mentre arò da pagare; quando no(n)
n'arò più, farò sanza pagare. Ragionasi, che no(n) si può fare di ma(n)cho che j° chatasto
il mese. E chandellieri non sono per anchora chonpariti. Aspetterò che tTommaso
Soderini torni da Pisa, che ci sarà p(er) tutto questo mese; e vedrò se gli potrò avere,
e te n'aviserò. Piaciemi abi trovato el corbello e· buon ordine; e p(er) questa
galea d'ora die' a Batista un chorbello piccholo, drentovi: un mezo staio di cieci
tra bianchi e rrossi, e 10 marzolini, 2 alberegli d'uve secche, e finochio, e oncie
10 d'armaticho rosato vantagiato. E abi cura di none piglare pel chaldo, che
è troppo di spezie; e quando ne pigli, fa piccola presa, che è di grande susta[n]zia; e
fanne masserizia, che si conserverà j° anno buono. A Giova(n)ni ò detto del panno:
atendo a chi l'à a domandare. E gli spilletti sara(n)no cho' guanciali di Franciesco, .
mona Maria e lla Checha p(er) tuo p(ar)te ara(n)no la p(ar)te loro.
L'andata da Santa Maria Inpruneta è fatta, che vi ma(n)dai Pagolo a dì 21 passato:
el portò el torchi' d'una libra.

Vego che pocho à' da fare chostì. E lla praticha di Nicholò è tornata in aqua:
che tutto si vole piglare p(er) lo meglo . Ò più lettere da Filippo, poi che fu el chaso
del mio Matteo; e sì gli parrebe ch'io t'avessi escritto che ti dovessi ritrarre
di chostà, e venissi a Napoli. E anchora, gli parrebe ch'io lo dovesse iscrivere
a Iacho[po]: acciò che se si volessi provedere d'un giovane, che possa. Non te n'ò mai
voluto dire alcuna cosa, p(er)ché esendo la guerra ne· rReame, come v'è,
e anchora s'aspetta maggiore p(er) mare e p(er) terra, non mi pareva che p(er) nesun
modo ti p(ar)ta per ora di costì; che ò pena che lui vi si truova. Da altra p(ar)te,
chonosco la natura di te e di lui: e non so chome v'acordassi ensieme. Sicché
p(er) questo non te n'ò iscritto. Ora i' t'ò avisato di quanto mi scrive ch'è suo pensiero:
avisandoti ch'io non so chome l'aria di là ti conportassi; che p(er) Matteo v'è stata
chattiva, e sì me lo menò. Sicché fa ttuo pensiero, e tieni questo a tte; nè a
Filippo none dire nulla, che se lo diliberrà, te n'aviserà: che gl'ò detto ch'io no(n)
te ne voglo scrivere nulla. E pensaviti su coll'animo riposato prima che pigli
p(ar)tito. E tieni tutto a tte. Nicholò è guarito, e p(er) tutto el passato doveva tornare
a rRoma. Questa mattina ò lette(re) da Filippo. E mi dicie ch'io ti scriva che tti ritraga
in qua; e che i' lo scriva a Iacopo; e che à scritto a tte e a Iachopo quello gli pare che ttu
facci. Siché da llui intenderai e sarai avisato del suo pensiero, ed io sarò chontenta
a quello farete. Pensa pure a quello che fai, enanzi che pigli partito: che Idio ti me(t)ta
inanzi quello che deb'essere el meglo. A me escrive che in questo verno pigli
partito delle possisioni e d'alchune masserizie; e che, passando tu in qua, o p(er) mare
o p(er) terra, ch'i' fussi i· luogo atto a venirne teco. Ora el tenpo mi chonsiglerà. E se diliberrai
passare di qua, me ne darai aviso; e io alsì a tte di mio pensiero. Nè altro p(er)
questa. Idio vi ma(n)tenga sani e 'n suo grazia, come disidero. P(er) la tu' Allesa(n)dra, Firenze.

E-l chorbello arai, secondo mi disse Batista, per Esmeraldo Boni. Sono a dì 3, e ò da Filippo
chome a dì 25 passato fu a Napoli l'arma de' franzesi, che sono 18 galee, j° galeotta; e fecionsi
vedere. La terra esparò loro di molte bonbarde; ma andavano sì discosti che no· lle temevano.
E anchora, dicie non s'erano ispicchati di que' mari; e che loro di qui ànno auto pocha paura,
p(er)ché la terra era molto bene fornita. E questo ò da Filippo. Anchora, m'avisa
chome è morto meser Gianozzo Manetti, che aveva male in una ganba, e p(er) saldarla andò
al Bagno, dove la ristrinse, e lla febre gli diè adosso gra(n)de; e(n) pochi dì si spacciò.