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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera XVI

Al nome di Dio, a dì 21 di luglo 1459
A dì 29 passato fu l'utima mia. Di poi ò 2 tue: l'una de· 7, l'atra de· 19 detto. Risposta al bisog[n]o.
Per anchora non s'è auto el chosto del contratto da Mariotto Ruciellai; e llui non à auto
la retifichazione à ' fare cho· Marcho Parenti, e llui dicie ne lasci l'afanno. Sicché no(n)
me ne do pensiero: che se la vo(r)rà, la retificazione, bisongnierà che paghi.
Avisa'ti chome parlai a Tommaso Soderini p(er) que' chandellieri: disse me gli ma(n)derebbe.
Per ancora no· gl'ò auti; quando gli arò, ne sarai avisato.
Le galee sento pure si sono costì chondotte: Idio ne sia ringraziato. Ànno auto asai
tribolazioni, e di morte e d'altre fortune; sono delle cose che dà il mondo. Arò
piaciere abi trovato le cose ti mandai: avisa in che termine le truovi.
Gerardo aspetto ongnora chon disiderio, p(er) sentire di te novelle di boccha, e come della
persona sè ridotto. Che Idio me ne mandi quelle ch'io disidero.
Delle mie facciende non ò poi tratto a fine altro, p(er) buono rispetto. Quando ne seguirò
più una chosa che altra, te n'aviserò. Che Idio el meglo ci dimostri.
Sai che dispiaciere asai v'è l'avere grande gravezza, e più dispiaciere v'è la mia che
la vostra, che gietta magior danno: che, volendo pagare, ci ò a mettere del chapitale;
non pagando, ò 'vere noie assai. En ogni modo ch'i' fo, n'ò a star male. Engiegneromi
di pagare mentre ch'io potrò; e quando non arò danari, areno pazienza
e fareno el melglo si potrà.
El conto dell'Isabella nonn ò fatto a punto, ch'è dificile a fare a me, benché sia piccola
chosa. È in assai p(ar)tite, e non so fare tante ragioni, e quest'uomini àn(n)o che fare
de' lor fatti. Avisoti che ò fatto lasciare la chasa a Giovanni Bonsi, ed è tornato qui
cholla brigata, e àcci messo le sue masserizie. Òllo fatto a fine che non n'abia quella ispesa.
E poi, s'io diliberassi d'andare a stare altrove, la chasa starà meglo abitata che serrata;
e s'i' pure ci stessi, sarò achonpagniata, e passeromi tenpo co· manco mani(n)chonia.
E anchora, non pagando le graveze, non sarei gravata p(er) rispetto delle cose sue;
sicché m'è paruto el meglo di far chosì.
L'andata p(er) te a Santa Maria in Pianeta si farà, e se a· rinfre[s]chare dell'aria mi
sentirò da potervi andare, ch'io soddi[s]faccia al tuo obrigo, lo farò. Quanto che no, e' ci è
Pagolo, che v'andrà volentieri. E porterò il torchietto d'una libra, come di'. No(n) te
ne dare pensiero; mettilo p(er) fatto.
Le lettere di Giovachino manderò, e viciterò le sorelle p(er) suo amore: esta(n)no bene.
Nè altro m'achade. Racoma(n)dami a Iacopo; e tu t'ingiegna di star sano, e di governarti
bene, e così ti conforto al ben fare, che te ne seguirà utile e onore: e i' so quello
ch'io mi dicho.
Avisoti che 2 de' figluoli di Benedetto di Peracione ànno tolto donna: Nicholò à la figluola
d'Agabito de' Ricci, e Pagolo à tolto la figluola di Filicie Branchacci, quella che
teneva la Chaterina di Piero Ardingelli; che s'è auto a dispensare in Chorte pel
parentado ch'era tra lloro. E Piero di Cosimo à dato la figluola a Guglielmo de' Pazi.
Nè altro p(er) questa. Idio di male vi guardi. P(er) la tua

Allesandra, in Firenze