Al nome di Dio, a dì 6 di dicienbre 1450
A dì 28 del passato ti scrissi, e manda'tela per Bartolonmeo Serra(l)gli, che so ne farà buon servigio.
Di poi ò una tua de· 10 del passato. Farò p(er) questa risposta; e ad alcun'altra parte di lett(ere)
m'ài scritte più tenpo fa, che non ò fatto risposta per no· mmi fidare di chi i' l'ò ddate.
In prima, ti mando pel Favilla vetturale, nostro debitore di circha 2 duchati, 4 chamicie, 6 fazzoletti
da mano, uno sciugatoio; tutto be· rrinvolto, chome vedrai. Le chamicie tagliate e cucite
a modo nostro, e chosì e fazzoletti e llo sciugatoio, chome s'usa qua. Non n'ò fatte più camicie,
che non so se queste ti piacieranno, e chosì l'altre chose; che non sendo a tuo modo, le serberò al
mio Matteo. E se lle ti piacciono, avisera'mi di quello che ttu v(v)uoi, e te ne manderò. Che se Iddio mi
presta vita qualch'anno, e lla Lesandra m'esca di casa, vi fornirò sì di pannilini la casa, che starete
bene. Che, invero, mentre s'à le fanciulle in chasa, non si fa altro che per loro; sicché
quando ne sarà fuori, non arò attendere ad altro che a fare per tutti a tre voi. E quando mi sarò
fornita un poco meglo a masserizia, vorrò che ttu faccia pensiero a tornare a chasa. Chon
tutto che cie n'è in modo non aresti da vergongniarti, che potresti fare onore a un tuo amico,
quando ti chapitassi a chasa; ma di qui a due o tre anni sarà tanto me(l)glo. E sì vorrò darti donna,
che sè ogimai d'età da sapere governare la brigata, e a mme darai consolazione: che no· n'ò
niuna, se nno· ch'i' vivo a speranza d'averne di te e degl'altri. Che Idio per sua misericordia me
ne concieda la grazia disidero. Nicholò, quando fu qua, mi disse che presto voleva tu tornassi
di qua, e che ttu toglessi donna, e lloro ti darebono aviamento ci potresti istare: che vorrebono
più tosto che ttu faciessi le facciende loro che altri, e che tti darebono tale aiuto e favore, ch'io
mi ch[i]amerei molto chontenta. E molte altre parole, che dimostrava portarti grande amore.
E cierto, credo ti farà ongni bene, se nella stanza che à fatta a Barzalona tu abbi governato
bene costì, e che truovi le cose in modo s'abbia a llodare di te; che Idio glene dia la grazia.
Per una lettera mi scrivesti più tenpo fa, che messer Giannozo, che fu chostà inbasciadore, ti disse
che volle ch'io dessi la Chaterina al frattello di Franco, e ch'io non volli: ed è vero, perché io no(n)
ne fu' chonsigliata da chi ben ci vuole; però che sendo fratello di Francho, non à di molte parti
di quelle ch'à Francho, le quali non bisongnia narrare. E quando l'uomo si rimette nelle mani
o va per chonsiglo a gran maestri, ti chonvien fare quello che voglono, o bene o male che si sia;
e se ttu no· llo fai, dicono quello che disse a tte messer Giannozzo. E chosì quando ci fu Nicholò,
m'arrecò inanzi pella Lesandra uno, che poco si vede del suo, e niente fa; chonfortandomi molto
ch'io glele dessi. Nicholò ti potrà dir tutto. So che G(iannozzo) l'ebbe per male, e però ti disse quelle novelle.
I' m'ingiengnerò quanto sarà possibile dargli buon chapitale, che faccia qualche cosa. Così ò detto
a Giovanni Luna e ' Anto(nio) delgli Strozi: che trovando d'allogarla bene e bisongniassi, oltre a' mille f(iorini)
ch'ell'à in sul Monte, arrogierne ciento o dugiento f(iorini), che i' sono chontenta, pure che sia persona
che-l meriti, e che sia d'averne aiuto e favore; altrimenti non vo' spendere più un danaio che quegli
ch'ell'à. E per ancora non ci è alle mani chosa buona; che quando ci sarà, ne sarai avisato. Che
Idio gl'aparechi buona ventura. Quando scrivi a Giovanni Della Luna e ' Anto(nio) Strozi raccomandala
loro; e chosì a Marcho. Credo se Angnolo potrà tanto chamminare, ch'è pur vecchio, verrà
a vederti, che n'à vogla; ed io ne ll'ò pregato. E se viene, domandera'lo di nostri fatti, e sapratti dir
tutto, che fa tutte nostre facciende. Io gli do f(iorini) 2 lar(ghi) per ispese da rRoma chostà; e così quando viene
in qua, fa che abia da spendere, e dalgli buona chonpagnia. Se non ne starà troppi dì a rRoma,
verrà chol Favilla. E a[n]chora, p(er) detto Favilla, ti mando coppie 4 di marzolini begli; e 4 chopie te
ne mandai a dì 5 di questo, per un vetturale manda chostà l'Aveduto che istà qua in Dogana. Non
n'ò saputo il nome del vetturale, ma son cierta ne farà buon servigio: pesò chol sacchetto lib(bre) 15 di
buon peso. Non à aver nulla di vettura. Qua gli die' un grosso per gabella; promisigli di scriverti gli
dessi guadagno. Franciesco di Batista non è tornato, e però ti mando questo marzolino per duo persone,
aciò non si paghi vettura. Vorrei mi mandassi pel Favilla, se ttu à' 'ttitudine, li(b)bre 20 di mandorle
non più che p(er) 30 libb(re) mi recherà il detto
Favilla sanza costo. Fallo aciò i' l'abia a tenpo della quaresima.
Chome per altra ti dissi, ebi da Giovanni Lorini libre ciento cinquanta quattro di lino col saccho,
cioè mazzi 20 del grosso e 9 del più fine; e, a dirti el vero, non ci è stato il più vantagiato
che il primo mi mandasti, che fu ciento venticinque libre, che ancora n'ò parechi mazzi.
Tu ssai che più tenpo fa chonperai la Chateruccia nostra ischiava, e da parechi anni in qua poi no·
gl'ò posto mano adosso. S'è portata tanto male di me e di questi fa[n]ciulgli, ch'è stato una cosa da
nno·-l credere, se nno· chi l'à veduta! E lLorenzo nostro te ne potrebbe dire assai; e chosì Matteo,
se a Dio piacierà venga chostì, te ne dirà il vero di sua portamenti chon esso noi. Ò senpre soferto,
pe[r]ché i' non posso gastigarla, e anchora credendo che ttu ci venissi una volta per un mese;
che, sendoci, se ne piglerebbe partito, o veramente si ridurrebbe in poco meglo. Ora, da parechi
mesi en qua, à detto e dicie non ci volere istare. Ed è tanto le diversità sue, che niuno può
co· llei; e se non fussi per amore della Lesandra, t'arei detto di venderla, ma vorrei trarmi
di chasa prima la Lesandra, per la mala lingua ch'ell'à. Ma io non so se me la potrò tenere
tanto. Ma ben ti dico, poi me la leverò dinanzi; che non vorrò questa battalgla: che fa quel co(n)to
di me, che s'io fussi la schiava e ella la donna; e ttutti ci minaccia di far male, e· modo che
la Lesandra ed io abiàno paura di lei. Zanobi mio si torna meco qui, ella no· llo vorrebe e fa
pazzie: ed io ò diliberato si stia meco per mie chonpagnia; e anchora egl'è governato, che all'Antella
era solo e stentava, sicché l'ò rridotto meco. Non è Z(anobi) uomo che la gastigassi, che glene
farei dar parechi! Ma nno· llo farebbe. Sicché, veduto e modi sua, s'io ne pigliassi partito, no(n)
ti sia maravigla: che ttutto farei per estare in pacie. E priegoti quanto so e posso che, alla
tornata di Nicholò, tu pigli licienza p(er) 2 mesi. No· dico pel fatto della schiava, ma p(er) consolazione
di me: che mi credo morire, chon questa vogla di vederti. E credetti venire a rRoma pel
perdono, e per vederti: ora, per amor della Lesandra che non è allogata, non mi vo' partire di qui.
E sie cierto che, s'io fussi venuta a rRoma e (t)tu non vi fussi venuto, credo sarei venuta insino
a Napoli per vederti. Sicché fa, quando tu puoi, d'avere licienza da Nicholò, e vieni a vedermi.
Ara' sentito la morte di Soldo, a· quale Idio abia fatto perdono; che gran danno n'è stato. Son ita
a vicitare la donna, e molto m'à detto la rachomandi a Nicholò e a tte: che avete le scritture
e ttutte le ragioni di Soldo nelle mani; e che s'à ' rriscuotere chostà da cotesti Singnori
tanti danari, che starebe bene se si riscotessino. E molte novelle dicie. À fatto suo prochuratore
Nicholò a rriscuotere chostà. Fate d'aiutare que' popilli, ch'è merciè: che qua estanno alidame(n)te.
Racchomandala a Nicholò quando è tornato. Che Idio die loro buon viagio.
Avisoti chome Macigno di Giovachino à tolto donna la figluola d'Agostino Chapponi e sirochia
di Lucha Chapponi; è vedova, che à 'v(u)to duo mariti, ma è d'età d'anni 25, chon fiorini
mille di dota. Idio presti loro lunga vita.
Avisami qual marzolino è miglore: o quel piccholo o questo grande, acciò sappia,
per quest'anno che viene, di quello m'ò a fornire; che a buon'otta te lo manderò. Nè altro
p(er) questa. Idio di male ti guardi. P(er) la tua
Allesandra, in Firenze