...

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera II

Al nome di Dio, a dì 4 di novenbre 1448
Ne' dì passati ebi una tua de· dì 8 d'agosto, alla quale non ò fatto prima risposta, perché ò auto male
di sciesa più d'un mese e rincresciemi oggimai lo scrivere, che forte invechio e divento poco sana
più l'un dì che ll'altro. E anchora non ò sollecitudine a scriverti, perché fo iscriverti a Matteo, e sì
perché s'avezzi a detare un poco le lettere, che quando iscrive adagio e che ponga il chapo a quelo
à ' fare, iscrive bene; e chosì dicie Antonio Strozi e Marcho, che ò mostro loro de' fogli ch'egli scrive,
che à buona forma di lettera; ma quando iscrive ratto, diresti che non fussi di suo mano! E tal
diferenza è da l'una all'atra quanto il biancho dal nero. E no· li posso tanto dire, che volglia iscrivere
adagio. Fa, quando gli scrivi, ne· rriprenda, che gioverà; e che sia buono e riverente: che pure
teme quando tu gli scrivi; e scrivigli ispesso, acciò che abia chagione di scrivere a tte. E quando tu
scrivi a Marcho, rachoma[n]daglele, e chosì ' Antonio degli Strozi, che ciascuno di loro gli può dare
buono amaestramento; e temerà più loro che me! Che Idio a ttutti dia quella grazia e virtù ch'io disidero.
Da Lorenzo, a questi dì, ebi una lettera de· dì ventotto di settenbre; e l'aportatore ne fu Pagolo Saltereli,
che mi dicie che Lorenzo si doveva partire a dì 21 di settenbre per Londra e la chonpagnia che
doveva andare cho· llui si partì e no· li fecie motto, sicché rimase a piè. E chosì mi scrive Lorenzo,
e che crede vi starà buon pezzo inanzi che truovi chonpagnia; e a[n]chora siàno nel verno,
che se non è partito, potrebe istare tutto il verno a partirsi: che è chattivo tenpo a chavalchare
sì lungo viagio. E non so chome s'à il modo a stare a Vignone insino a primavera bisongniando; e
malvolentieri, potendo istare altrove, lo manderei a lLondra, perché sento v'è la morìa,
e chosì a Bruggia, che, sechondo iscrive Iachopo, ve ne muore otto e dieci per dì; sicché v'è mala ista(n)za
per ora. Idio gli dia a piglar buon partito. I[n]sino d'agosto ci venne Granello da Richasoli
e domanda'lo molto di Lorenzo; dissemi i[n]fine ch'era di buono sentimento, ma che aveva
bisongnio di persona sopra chapo che llo tenessi in paura, che farebe bene. Io ò scritto a Iachopo
quello mi pare sia di bisongno. E quando sentirò sia partito per andare a lLondra, iscriverrò
a lLodovicho e farogli scrivere ' Anto(nio) quello fia utile; che non mi pesa però tanto la penna, che
quando s'à ' scrivere chosa che sia utile per voi, ch'io no· llo faccia. E de' fatti tua e de' sua ò proveduto
al tenpo quando è stato di bisongno. E basti.
In questa state mi venne a vedere Piero de' Ricci, che l'ebbi molto charo e domanda'lo de te. Dissemi
che tu stavi molto magro della persona, ma che eri sano, e che ttu non avevi punto del desto
chome bisongnerebbe, e che Nicholò si portava chosì bene de te, che mi piacie. E priegoti ne sia chonosciente
de' benifici à' riciev(u)ti da llui e siagli ubidente più che se fussi padre, che non potresti
fare mai tanto bene che llo meritassi di quello à fatto a tte; sicché, giusta tuo possa, non esere
i[n]grato inverso di chi t'à fatto homo. Che Idio di te e degli artri mi faccia chontenta.
Del lino non t'ò mai scritto alchuna chosa, che te l'ò fatto iscrivere a Matteo; e parmi che, se
à' il chapo a mandarlo, ti sia troppo indugiato a [c]honperarlo: che no· ll'arai a sì buono merchato
chome l'aresti auto già fa . . . . . . . . . . . .; e anchora, chi me l'avessi a rrechare, n'arei miglore
merchato della vettura: che u· mese fa mi promisse il Favilla vett(urale) recharme in dono, or
non so chome si farà. Avisamene quanto n'à fatto.
I' ò '(v)uto lettere da Roma d'Andre[a] Bizeri, chome t'aveva mandato il finochio. Ara'lo di
poi auto; avisane, acciò possa ri[n]graziare chi te lo mandò.
E· rRe si dicie ch'è tornato chostà, avisane qua[l]che chosa; che Idio metta pacie p(er) tutto.
Fa di scrivere a lLorenzo, che mi dicie è asa' tenpo non sentì novelle di te. Fa di scrivergli
duo versi e senpre gli richorda il ben fare, che non fia altro che utile.
La morìa ci fa pur danno, da 4 a 5 per dì; e a dì 29 del passato, si disse che n'era morti
undici di sengno, ch'è mala novella per noi, che non abiàno il modo a fuggire. A Dio piacia
provedere a' nostri bisongni.
Avisoti chome pel Chomune si vendé una chasetta di meser Palla a Nicholò d'Ainolfo
Popoleschi, la qual chasa chonfina cholla nostra da duo latora, che è in sul cha[n]to dela
via dirieto, cioè tra la stalla e la chamera terrena nostra, e-l muro di detta chasa è
in sulla chorte nostra; che da· lato ritto all'entrar della chorte v'è la nostra chasa vechia, e da· lato
a l'uscio dirieto v'è la stalla nostra, chome tu ssai, e da· lato mancho v'è il muro di detta chasa. Ora,
di nuovo, il detto Nicholò Popoleschi l'à venduta a Donato Ruciellai, fratello di Giovanni; e llui à ma(n)dato
a me ch'io gli debba dare parola che chonperi detta casa, che no· ne può far charta
sanza la parola mia, perché non v'è altri ch'i' ò a' chonfini. Òlgli risposto ch'ò veduto che la chasa
è mie cho[n]pera prima che altri e ch'io lo voglo iscrivere a' mia chogniati e a tte, e quello diliberrete
se ne faccia, se ne farà, e dichoti che s'io avessi il modo a danari, non m'uscirebbe dell'
mani; *** *** *** volgi

però che se altri la chonpera e volessi murarvi, ci to(l)gle il lume ala chocina terrena
e alla chorte e a ttuto il terreno dirieto, che non varrebe nulla questa casa, ongni volta
perdessi i· lume della chorte. Sicché te l'ò voluto iscrive[re]; e mostra questo chapitolo a Nicholò,
che intenderà meglo e richorderassi di questa chasetta melglo di te. Sarebbe la spesa in
su' settanta fiorini; però che se n'à f(iorini) 6 di pigione, e non ti posso iscrivere a punto il pregio:
che insieme chon questa, à venduta quella ch'era di madonna Ma(d)dale[na], o vero del
Conte da Popi; sicché di questa non ci è pregio, ma vassi sechondo la pigione. E s'i' fussi nel
50 chome i' sono nel 1448, no(n) me la lascierei uscir di mano, che la pagerei de' danari s'ànno
a riavere dal Chomune: che gittere(b)be un grande achoncio a questa chasa. E no· llo dicho
per me, che poco tenpo ci ò a vivere, ma per voi o per chi di voi uscissi, che senpre no(n)
si starà i· tante fatiche: che cho· quella chasetta s'achoncierebbe questa, che sarebbe la più bella
casa di questo quartiere. Io non arei lasciato per cosa del mondo ch'io non ve n'avessi
iscritto. Avisate ora di vostro pensiero; ma fa di mostralla a Nicholò, che intenderà
me' di te tutto. Che Idio vi dia della suo grazia. Nè altro per questa. Idio di male ti guardi.
P(er) la tua Allesandra, in Firenze.

No' siàno per grazia di Dio sani.