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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera I

Al nome di Dio, a dì 24 d'agosto 1447
Karisimo figluolo, a' dì passati ebi una tua de· 16 di luglo, alla quale farò p(er) questa
risposta.
In prima, t'aviso chome per grazia di Dio abiàno allogata la nostra Chaterina al
figluolo di Parente di Pier Parenti, ch'è giovane da bene e vertudioso ed è solo e riccho,
e d'età d'anni 25 e fa bottega d'arte di seta; e ànno un pocho di stato, ch'è poco tenpo
che-l padre fu di Chollegio. E sì gli do di dota fiorini mille, cioè fiorini cinque ciento, ch'ell'à '
avere di magio nel 1448 dal Monte, e gl'altri cinque ciento gl'ò a dare tra danari e donora
quando ne va a marito, che credo sarà di novenbre se a Dio piacierà; e questi
danari sono parte de' vostri e parte de' mia. Che s'io non avesi preso questo partito, no(n)
si maritava quest'anno, però che chi to' donna vuol danari, e non trovavo chi volesse
aspettare d'avere la dota nel 1448 e parte nel 1450; sicché, dandogl'io questi cinque
ciento tra danari e donora, toccheranno a me s'ella viverà quelgli del 1450. E questo partito
abiàn preso pello meglo, che era d'età d'anni sedici e non era d'andugiar più a maritarla.
Èsi trovato da metterla in magiore istato e '(n) più gientileza, ma cho(n) mille qua(t)tro
ciento o cinque ciento fiorini, ch'era il disfacimento mio e vostro; e non so chome lla fa[n]ciulla
si fussi chontentata, che dallo stato in fuori non v'è grascia che ci è de' soprossi asai.
Ed io, chonsiderato tutto, diliberai achonciar bene la fanciulla e non guardare a ta(n)te
chose, e parmi eser cierta la starà bene chome fanciulla di Firenze; che à la suociera
e-l suociero che ne sono sì chontenti che non pessa· se nnon di chonte[n]talla. O! Non ti dicho
di Marcho, cioè il marito, che senpre gli dicie: chiedi ciò che ttu v(u)ogli. E chome si maritò,
gli taglò una chotta di zetani vellutato chermisi, e chosì la roba di quello medesimo,
ed è-l più bel d[r]appo che sia in Firenze, che se lo fecie en bottega. E fassi una grillanda di
penne chon perle, che viene fiorini ottanta; e lla chonciatura di sotto e' sono duo
trecie di perle, che viene fiorini 60 o più, che quando andrà fuori arà indosso più che
fiorini quatrociento. E ordina di fare un velluto chermisi, per farlo cholle maniche grandi,
foderato di martore, quando n'andrà a marito; e fa una cio(p)pa rosata richamata
di perle. E non può saziarsi di fare delle chose, che è bella e vorrebe paresi vie più, che
in verità non cie n'è un'altra a Firenze fatta chome llei ed à tutte le parti, al parere
di molti: che Iddio gli presti santà e grazia lungo tenpo, chom'io disidero.
Del mandare Matteo di fuori, non vorrei per ora, però che, perché sie piccholo, pure
ne sono più achonpagnata e posso mal fare sanz'e(s)so, almancho tanto la Chaterina ne
vadia a marito, poi mi parrebbe rimanere troppo sola. Per ora non ò il chapo a ma(n)darlo,
che se vorrà eser buono lo terrò qua, che non può eser preso per le graveze insino a sedici
anni; ed egli ebe 11 di marzo. Òllo levato dall'abacho e apara a scrivere, e porrollo
al bancho, che vi starà questo verno, di poi vedreno quello vorrà fare: che Idio gli dia
quella virtù che gli fa bisongno.
De' fatti del Chomune t'aviso che ò debito fiorini dugiento quaranta, e sono istata
molestata da no· meno di 4 ufici, che àn(n)o a ri[s]chuotere pel Chomune: da se' mesi in qua
non ò mai avuto a fare altro che andare ora a questo uficio e ora a quest'altro. Ora,
per grazia di Dio, mi sono achordata cho· lloro per ensino a febraio: che pago, tra tutti,
il mese, fiorini nove o circa. Aspettasi che lla graveza nuova essca fuori per tutto ottobre;
che se mi fanno il dovere, chome dichono, di non porre albìtro a vedove e pupilli, non arò
duo fiorini, che forse non farò tanto debito. E poi che-l Ducha è morto, istimasi non se ne
pagerà tanti, se già i· rRe di Ragona non ci dessi noia, che già à chomi[n]ciato presso a Mo(n)te
Varchi, a un cha[s]tello che si chiama Ciennina. Dicievasi, quando l'ebono, che si riarebe l'altro
dì, che non vi potevano istà: sonvi già stati tre settimane e anchora sono atti a starvi,
che v'era dre(n)tto tal chontadino che solo del grano e della roba vi lasciò, si dicie ne viverebono
un anno. Diciesi che inanzi si riabia, si spenderà più che quaranta miglaia f(iorini).
Idio provega a' nostri bisongni.
Dicie la Chaterina che tu faccia ch'ell'abia un pocho di quel sapone e se v'è niuna buon'aqua
o altra chosa da far bella, che tti prega glele mandi presto e p(er) persona fidata, che se ne
fa chattività.

Non ti maraviglare s'io non ti scrivo ispesso, che sono infaccie[n]data ne' fatti della Chaterina;
ristorerotti quando Matteo arà aparato a scrivere, ma no(n) quardare a me. Fa che per ogni
fante mi scriva, se nno· dovessi dir altro che tu sta' bene, e Nicholò. Non so chome tu
(t)ti porti nelle facciende che ttu ài a fare, chome sè sollecito; che Idio il sa il dispiaciere
ebbi quando i[n]tesi non potevi venire quando fusti a lLivorno, perché tal chosa si dicie
a boccha, che non si dicie per lettera. Che a Dio piaccia vi rivegga sani enanzi ch'io muia.
Fa sopratutto, figluol mio, che ttu ti porti bene, e· modo che, dove l'anno passato mi desti
tanto dolore de' tua tristi modi, tu mi dia chonsolazione. E chonsidera allo stato tuo e
quello che Nicholò à fatto inverso di te: che sè degno di baciare la terra dove e' pone e piedi, ed
io quello medesimo per tuo amore, che sè più obrigato a llui che a ttuo padre o tuo madre,
quando penso quello à fatto di te, che niun altro l'arebe fatto! Sicché fa ne sia chonosciente
e non esere ingrato del benificio ài ricievuto tu e ' tua, e ricievi tu chontinovamente. No(n)
mi volglo distendere in più dire, che mi debbi ogi mai inte[n]dere, che non sè un fanciullo:
che di luglo n'avesti diciannove, e bastiti. Fa soprattuto maserizia, che ti bisongnia, che
sta peggo non ti credi. Nè altro p(er) questa m'achade dirti, e Dio di male ti guardi.
None scrivo a Nicholò della Chaterina, che n'è stato avisato da Giovanni e Antonio.
Rachomandaci a llui. E se sè chassiere, portati e· modo abia onore. E tieni le mani strete,
ch'io [no]n abia avere più dolore ch'io abia avuto.