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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera XLVIII

Al nome di Dio, a dì 15 di giungno 1465
A dì 7 fu l'utima mia, e Tomaso Ginori ne fu aportatore; e da llui arete sentito novelle
assai di qua, che tutte non si possono dire p(er) lettera. Idio l'abia condotto a salvamento. Non ò avuto
p(er) questo fante vostre lettere, che stimo ne sia chagione le facciende assai dovete
avere apressandovi alla festa. Da altra parte non ci è chose d'inportanza a dire.
Pure quando viene il fante, e i' non abia vostre lettere, no· mi pare aver l'animo
quieto. E· quel tenpo fate che, poi ch'io non posso avere chonsolazione d'avervi alla presenza,
che i' abia duo versi soli, che voi sete sani e state bene; che Idio, che può tutto, ci dia quello
ci fa di bisongno p(er) l'anima e pel corpo.
Dìsiti p(er) l'utima mia, chome si ragionava di mutar gravezza: ora è p(ar)torito uno isgravo
en sul chatasto; che ànno fatto pure questi maggiori quello che fa p(er) loro, che-l catasto
non si muti, ma che vi si faccia su uno isgravo di f(iorini) c[i]nqueciento: che non à a ttoccare
a' pari nostri avere di questo isgravo! Tutto se n'à ' andare in chi à melglo il modo a pagare
di me. Andrà questo chome vanno l'altre cose. Voglono rafermare di far
gl'Otto a mano p(er) 5 anni; e à(n)no fatto el Consiglo del Ciento parechi dì, e non si vincie: che
la brigata no· gli vorrebbe più a mano.
La donna novella e questi Signori s'aspettano fra 5 o 6 dì. Èssi messo in ordine di belle
feste per onorargli, e una grande ispesa si dicie che ffia questa, che asa' giente se ne duole:
el male andrà pure sopra ' più deboli, che gl'altri s'aiuteranno collo sgravo.
I' non so che p(ar)tito s'à preso 45 del fatto suo: s'egli à fatto la 'npresa, ed ella abia efetto, col
nome di Dio sia! Se no· ll'avessi, estimo al fatto di 33
chi crede del 51; e questo farebbe chiaro di no. Tutto istà a dDio, e a llui si v(u)ole racchoma(n)dare
che ci aiuti en questo e in ongni altro nostro bisongno.
Sento Ni(c)cholò Strozi à pichiata di f(iorini) dumila di gioie, che-l Papa l'à 'vute p(er) fare la mitera,
e no· glene vole dare danaio; che non farebe p(er) Nicholò avere di queste chose ispesso,
come à cominciato. Tra Giovanfra[n]ciesco e questi, se gli p(er)dessi, el Monte isciemerebbe assai:
benché si dicie Giova(n)f(ranciesco) farà il dovere; e ch'egl'à preso acordo cho' creditori e termine bene
otto anni, e renderà s(oldi) 20 p(er) lira. Chosì doverrà aver fatto a Nicolò; che ta[n]to meno
p(er)derà, se fia vero questo. Quegli del Papa si fanno qua ispacciati. Sento che si sta pure
a rRoma, che non n'è più pauroso chome soleva: che mi maraviglo di lui, morendovene
di pesta come si dicie, che vi stia; che è di gran bisongno che viva a' sua nipoti. E' sono di sanguinità,
che tosto lo piglano. A Dio piaccia mantenerlo sano lungo tenpo, con salute dell'anima.
Manda'vi gli sciugatoi p(er) le mani di Tomaso Ginori, rinvolti in uno isciugatoi' vecchio: fatene
masserizia, che non si p(er)dino; che madama Marina no· gli mandi male. Nè altro
p(er) questa. Idio di male vi guardi. P(er) la vostra Allesandra Strozi, in Firenze.

Raccomandovi To(m)maso e salutatelo p(er) mie p(ar)te.