...

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera XLII

Al nome di Dio, a dì 26 di giennaio 1464
A dì 12 di questo fu l'utima mia; e di poi ò due vostre, del primo dì e 11 detto. Alla prima non feci
risposta, che ebbi – a dì 12 la sera – escritto ch'i' v'ebi la febre, e enfiommi el chapo e tutta la testa e a
piè degl'orechi, e stetti chosì parechi dì. Poi, p(er) grazia di Dio, ne sono libera. E questa fu la chagione
del no· rrispondere alla vostra; faròla p(er) questa con brevità.
Per altra vi s'è detto della prochura auta, e che sendo el Monte esciemato, no· ne vuole far nu(l)la.
E quando altro ne diliberassi, si farà al tutto chon salvamento della Lesandra.
Delle lettere escritte a tTomaso voi di costà, quelle mi sono chapitate alle mani l'ò ritenute,
ecietto che j°, che scrivendomi la rimandassi non ci sendo Tommaso, che la rimandai
sotto la mia, credo, de· 12 di questo.
Di Lodovicho Strozi non sento altro mi v'abia detto per altra: tiensi che falliscie chi à avere;
e mentre che sono le ferie, non si può vedere chome si fanno, e massimame(n)te p(er) me, che
non sento chosì ongni chosa. Solo sento di Lorenzo Larioni, che s'è rimesso nelle mani di Piero;
e llui fa l'acordo, e diciesi che rimarrà più riccho che non era già 10 an(n)i inanzi che s'aviluppassi nelle
merchatantie. Siché p(er) via di roba e' starà meglo, ma non dell'onore. Sento renderà pochi
soldi p(er) lira; el danno è di chi p(er)de el suo. Chosì credo faranno que' di chasa di Giovanfranciesco. Ci è
di vari oppenioni: chi dicie che dà buone parole e ch'egli arà chattivi fatti. E Piero Chanigiani, che
andò a trovarlo, dicie che dicie di volere fare il dovere, ma che aspetta di Levante e di Ponente
e sua fatti, chome gli stanno; e che prima non può dir nulla. Èssi ragionato nella pratica, che
non voglendo fare el dovere, potendo, di farlo rubello, e dargli una taglia drieto. Venneti
ben fatto a no· gli aciettare la lettera, che vi rimanevi apichato; e Nicholò, che g[i]uocha chosì netto, e'
v'è giunto a buona somma, e, chome tu di', doverrebbe fare a lui un poco me' ch' agli altri, rispetto
el parentado. A Dio piaccia faccia il dovere, acciò non abia a seguire più i(n)chonvenie(n)ti.
I' ò i(n)teso della tua faccienda quanto ne di', e chome Lorenzo è ito a· rRe. A me pare che
p(er) verun modo, nè colle lettere nè sanza, e' si faccia enpresa di venire, che guastereno
la chiesta grande, e d'inportanza, p(er) la pi(c)chola: che avendo inteso nel prencipio
di voler fare la chiesta maggiore, t'arei isconfortato di questa, e p(er) te e p(er) Lorenzo. Non
sono chose da trassinarle chosì p(er) leggieri. E se tTomaso ne verrà cho· llettere, ed io lo ve(g)ga
prima che le dia, no· glele lascierò dare: però che non sarebe el bisongno tuo; che mi pare,
sechondo lo scriver tuo, lo chonosca, e che tTomaso manderai en qua sanz'ese. Pure te n'aviso,
che venendo chon ese, no· lle lascierò dare. E se tTomaso non è sofficiente al bisongno che
t'occhorre di qua pel fatto de· rRe, da' comessione a degl'amici di qua, che tti servira(n)no bene
de' drappi che ttu arai di bisongno. Tomaso è buono e fedele, ma non è sodo chome potreb'esere.
E di San Chirico fu suo trovato, e per allora non vi pensai; ma vego tu vai en questo sodamente,
che ne vede più a chi tocca, che non fa un altro. L'animo del f. di 32, secondo sento,
è molto afezzionato a 47 per ensino a oggi: se ll'amicizia si mantiene, credo arà
47 quello vorrà; dico se ll'amicizia si manterrà, p(er)ché queste giente si mutano espesso
d'animo. Che, come per altra ti dissi, chi era di buon animo i(n)verso di te, aveva buona p(ar)te
del governo. Ora sento che s'è agiunto Antonio P., che quello vuole, tutto è fatto, e può più che
veruno; che credo venga da 54 el f. di 32. Siché quando s'avessi a cimentare el fatto tuo,
e scrivendosi p(er) Re agl'amici, se ti parrà, farai scrivere anche a llui. So che a· rRe sarè
viltà a scrivere a un uomo di sì vile condizione, ma qua al presente à gran possanza; non
era chosì 2 mesi fa. Pogli u· nome, aciò ch'io entenda, quando altro iscadessi dirne: pogli
nome 56. La Signoria arai enteso: è Gonfaloniere el suociero della sirochia d'Anto(nio) Pucci; è Signoria
che à ' fare la volontà di chi goverrà, e chosì sono tutte! Che fanno quello è ordinato loro! E
altro sopra ciò no· chale dirne.
Piaciemi de' fatti del danaio vadi asettato, e lodo lo stare a vedere chome passano le cose di qua
di questi merchatanti. Dissiti per altra che la seta avevo i(n) chasa: e da' Chaponi non ebi mai danari.
Che disse Lionardo avergli rimessi a Roma a Nicholò: p(er) mano de' Borromei i(n) p(ar)te, e· rresto

p(er) mano de' Medici. Siché non si truova danari di tuo, ma dicie avere pagato p(er) te a quello da Meleto
non so che f(iorini), ch'egl'à a rritrare da tte.
Del fatto degli Ardigelli, aspetterà tenpo. Per anchora sento Luigi è a Vinegia, e di Nicholò non
sento nulla: ch'è maravigla, avendo la donna di già 2 anni passati; o egli fa sì bene che di lei no(n)
si ricorda, o egl'à fatto male e fatti sua.
Avete fatti buoni al bancho di Zanobi di Dietisalvi f(iorini) 24, che sta bene; arò bisongno fra pochi dì
di pagare altri chatasti: chiederò loro danari, e ne darò aviso. E se lla riputazione
della chasa nostra è ridotta nelle chose mie, ò da stare contenta, e cho· tremore di questo
falso mondo! Lodo e rringrazio Iddio di tutto, e a voi racchomando l'anima vostra; e che siate
chonoscienti della prosperità vi dà Idio. I' fo al chontinovo pregare e dire dell'orazioni p(er) voi
alle Murate, aciò che Idio ci presti vita chon salute dell'anima e del corpo, come disidero.
Piaciemi che di Lorenzo tiri teco ensieme: che mangiore chonsolazione non ò che sentire
voi v'amiate insieme, e che aiutiate l'uno l'altro, chon buono amore; che è di meglo assai
e fatti vostri a Dio e alle gienti del mondo. Mantengavi Idio lungo tenpo. Nè altro per ora.
Lorenzo mi scrive di non so che susine, che a dì primo no· ll'aveva mandate. E Antonio di
Soldo mi disse che a dì 25 del passato si p(ar)tì di chostà, e che voi gli mandasti en galea el bariglone.
Disse bene no· ll'aveva veduto, ma che ritornava a Pisa, e manderebbelo chon altre sue chose.
El detto bariglone, se no· l'ebbe, non me lo può mandare. À preso errore: atendolo per altra
via; che l'arò chare, che sono d'altra bontà che lle nostre.
Se ttu scrivi a Bernardetto, sento va poco fuori; e non credo sia da scrivergli chose d'i(n)portanza.
Aspetto ongni ora Tomaso: chonducalo Idio salvo. Quando vedrò Lotto, o la Lorenza, la conforterò
che stieno di buona vogla di Girolamo. Nè altro p(er) que[sta]. Idio di male vi guardi. P(er) la vostra Allesandra, Firenze.

Le lettere tue non sono tocche.