Al nome di Dio, a dì 11 di magio 1464
A dì 30 del passato fu l'utima mia, e chon essa ti mandai la copia della richiesta che
mandorono Lodovicho e Batista, e a Giovanni Arrighi la die', ch'e' mi venne a far
motto s'i' volevo ti diciessi nulla, che veniva chostà; siché gli dissi chome ti volevo
mandare una lettera e glele mandai a chasa. Promiseme di farne buon servigio,
che non ti trovando a Napoli ti verrebe a trovare a Chastello a mare.
Piacieràmi n'abia fatto buon servigio chome mi promisse; e tu n'avisa.
Ebi ensino a dì 3 di questo una picchola tua, fu choverta d'una di Giovanni Bonsi, e
non v'achade risposta; che da Giovanni fusti servito del meglo che ci era, secondo
mi disse, e doverrà esere al ttenpo che diciesti.
Ier mattina ve(n)ne Girolamo Strozi, arecomi una tua de· 28 passato; none
si fermò, che disse aveva fretta di trovare Lodovicho e Batista, e poi tornerebbe
da (m)me, che aveva bisongno di parlarmi. Non è per ancora tornato;
e ben sai ched io, bench'i' abia vostre lettere, ò charo di sentirne novelle anche di
boccha da chi v'à veduto, nonché da chi è stato en chasa chon voi: che gran consolazione
m'è l'udirne buone novelle di voi! Che senpre aspetto el giovedì con disiderio,
che è il dì che-l fante viene, p(er) sentire novelle di voi. Che Idio me le mandi buone!
Siché, venendoci, l'udirò volentieri; e non venendo, manderò p(er) lui.
De' fatti di Lodovicho e di Batista, non so che me ne dire, p(er)ché non so quello s'è tra lloro;
e quando i' bene lo sapessi, non sono chose da mme. Ma quelle 2 p(ar)tite ch'
dicie Lorenzo à tratto, l'una di lire 70 di grossi, che dicie tu rimettesti a Iachopo
e chonpagni, questi credo fussino e mia che mandasti a lLorenzo; l'altra
p(ar)tita di lire 27 di grossi dicie che gl'à tratti p(er) me, e ch'io no(n) dovevo avere alchuna
chosa. Conprendo, se gl'à tratti, sieno quegli avevo avere p(er) le spese fatte
nell'Isabella; e se questi due p(ar)tite à tratto, come dicono, è ragione ch'e' gl'abia tratti,
che erano mia. Non so se dell'altre si dicono el vero, ma di queste àn eglino
il torto. Ora Idio gli metta d'acordo e buona pacie tra lloro, chome disidero.
A Tommaso non dissi ch'i' volessi lino, nè ch'io no· vi volessi mandar nulla, però che
non ò veghiato tutto el verno se nnon p(er) voi. E non ò invidia del lino che doni a p(er)sona,
e massimo alle tue sirochie: che n'ò più piaciere di quello mandi a lloro, che s'io l'avessi
io; e non te ne chiego p(er)ché no· n'ò bisongno, che nn'ò anchora parechi mazzi. Poiché
mi mandi e 9 mazzi, non posso dire i' no· gli voglo, ma di conperarne più ora p(er)
me no· llo fare, che no· n'ò bisongno. Quando ne vorrò, te lo dirò: che so che del lino o
d'altro bisongno, non ò se nnone a chiedere. Tommaso, se te lo disse, fecie p(er) darti
noia; che lo disse a me che in que' dì era venuto el lino, e domandòmi se era mio.
Dissi di no; rispose, tu mmi trattavi male. Siché lo disse da ssé, se lo disse. Ò ben charo
che mottegiate, e che vi traiate tenpo nello scrivere mecho alle volte, quando
vi mancha facienda. Degli sciugatoi n'ò fatti e bianchi una pezza; se nn'avete
di bisongno, lo dite e ve ne manderò: sono pel viso e un poco tondi, che ne leverà il
sucidume. Avisa.
E scritto insino a qui, venne Girolamo a vedermi, e llo domandai como ttu stavi della
p(er)sona, e chosì Lorenzo: dissemene molto bene, ch'è cosa che assai mi piacie.
Era istato cho· lLodovicho e mi dicie gli rispose molto aspramente. Non ci era
Batista en Firenze, ma dicie anchora si racozzerà cho· lloro. Credo ne farano
di sue parole pocho chonto. A me sa male che si richiamano di Lorenzo
i· lluogo che non può venire a difendere le sue ragioni; ed ò paura p(er) questo no· ne segua
più i(n)chonvenienti. Nicholò à il loro chonpromeso nelle mani, e mi dicie che rivoglono
la scritta, o vero copia, del detto conpromesso. Dicie avertelo scritto, e non à da tte risposta.
Dicie che indugierà el più potrà a darla, ma che non può fare di ma(n)cho di no· lla dare.
E Chanbini glela chegono p(er) lor giustizia: che mandando questa chopia, farà più chiaro
l'uficio a dare la sentenzia chontro a lLorenzo. Siché te n'aviso, se ttu potessi provedere
a nulla, tu provega. Ò detto a Girolamo t'avisi di quello à da lLodovico e Batista:
dicie di farlo. E scrivo a Nicholò che soprattenga la scritta: che dandola, farà danno a lLorenzo assai, p(er)
non potere essere a dire le sue ragioni.
La morìa, secondo dicie Girolamo, vi fa costà poco danno, e tu ài mandato via
la brigata, e ttu anchora ti dovevi p(ar)tire: che fara' bene, che tti lleverai dal pratichare
cholle gienti, e parte andrai a spasso alla villa, che tti sarà utile alla
p(er)sona. Lorenzo vego soprastarà un poco al tornare: sia ala buon'ora. Engiegnatevi
pure di mantenervi la vita chon santà. La morìa ancora qua, per ora,
fa poco o non punto di danno. Non s'è fatto ancora la charte della v[i]ngnia,
che s'è preso errore nella misura: àssi a rrimisurare; e p(er)ché i' non ò chi solleciti
che si rimisuri, e acozzare le p(ar)ti, s'è ancora così. Se Idio vorrà, e-l tenpo non dia
noia, che asai ci piove, si rimisurerà. Abià[n]vi pichiata, che-l freddo ci à tolto el
vino di piano, e pocho n'è nel pogio. Lodato Idio di tutto. Nè altro p(er) questa. Idio di male vi guardi
lungo tenpo. Non guatare al mio bello scrivere; e s'io fussi presso a voi, non fare' queste
letteraccie: che direi a boccha e fatti mia, e voi e vostri! Pazienza! P(er) la tua Allesandra, Firenze.
Siàno a dì 12.