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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera XXXII

Al nome di Dio, a dì 21 d'aprile 1464
A dì 9 p(er) Tomaso Ginori fu l'utima mia. Di poi ò 2 tue, de· 4 e 9 detto. Risposta al bisongno.
Chondussesi chostì Franciesco di Sandro. E vego di poi l'à' provato, e ti pare pure da poco
ne' fatti di casa; ed è vero, che prociede en buona parte da chi gli allieva. Questo suo
padre è buono huomo e favellante, ma non è secondo la vista che mostra; che ll'ò
pratico ora, p(er) l'amicizia presi di questo fanciullo, e sommi adoperata al maritare
d'una sua figluola, cioè di confortare e parenti di chi l'aveva a ttorre, e· modo
che s'è fatto el parentado. Sicché non m'è riuscito come credevo: è lla donna da
più, che non è egli. Ànno gran famigla, e poca roba, e deba[n]gli allevare grossolanamente.
Pure fatene la diligienza vostra; e tu ài Andrea, che gli doverrà ensengnare:
e non sendo grosso istormento, doverrà pure aparare. Che Idio cie
ne dia onore. E f(iorini) 4 ebe qua, io gl'ò fatti buoni a Miraballi p(er) p(ar)te.
Faciestimi creditore de f(iorini) 134, auti da Nicholò, e p(er) me da Miraballi; no· rritennono
e f(iorini) 18, che ebi p(er) 2 chatasti. Pagerogli ora, che ò venduto j° pezzo di vigna f(iorini) 10 lo staioro: credo
sia staiora sette, pure no· llo so a punto. Àssi a misurare, e poi ne fareno la charta,
e piglerò e danari. Sicché pagerò e f(iorini) 18 a Miraballi, e canciellerassi tale partita.
E de· rresto de' danari, pagerò 2 chatasti e un mezo danaio p(er) lira, che s'ànno a pagare
p(er) tutto questo. Credo si sosterrà el dì ensino a mezo magio, che saranno circha di
f(iorini) 23. E i· resto de' danari ch'avanzerà serberò, esendoci morìa, come si dimostra
essere; che avendo bisongno di qualche f(iorino), per avergli a mie posta; e non avendo
bisongno d'adoperargli, qua al settenbre so che s'arà a pagare qualche chatasto, e
potrò mettergli quivi, che tanti meno ve ne trarrete di mano. Che mai s'à a fare
altro che pagar chatasti! Che se ci fussi punto di sospetto di guerra, sareno disfatti; Idio
cie ne guardi! Tanti se ne paga ora, che lla terra è i· pacie e tranquilla; p(er) molti, altro
non si può fare. Idio provega al nostro bisongno. Avisa se così ti pare da ffare.
E' mi resta ora a vendere a Quarachi un pezzo di vigna; che trovandone e· pregio
ch'i' voglo, la venderò; e non trovando, si resterà: fa buon vino p(er) la state, e se 45 avessi
pensiero di venire mai a berne, sarebe poi contento ch'io no· ll'avessi venduta.
I' v'ò presso che contenti del finire le cose. Solo mi resta questa vignia, che te
n'ò detto mio pensiero. E per altra ti dissi quello manchava ' aconciare e fatti mia. Aspetto
tua risposta, e darogli spaccio.
La vignia venduta avete a sodare voi; e p(er)ché lla prochura faciesti più tenpo fa i(n) Giova(n)ni
è spirata, è di bisongno ne rifacciate un'altra in detto Giovanni, che possa sodare
p(er) voi, chome stava quella. E noi fareno la carta, e Giovanni e Marco s'obrigerrà p(er)
qualche mese, tanto s'abia da voi detta prochura. Anchora mi dicie Giovanni che,
in su detta prochura, potete obrigarvi a Giovanni in quelle cose à sodo p(er) me, o sodassi
di cose vendute o che s'avessino a vendere, dove Giovanni avessi a sodare; so che m'intendi,
meglo no· llo so dire, el bisongno.
La Chaterina ebe i· lino: pare a llei e a Marco buono e bello. No· gl'ò detto che ttu glele doni.
Fagli tu duo versi e diglele tu medesimo: che pure parrà che ttu ti ricordi di lei. E
che poiché Idio l'à private di tale consolazione, quanto aspettavano di vedere alla tornata
vostra enanzi e vostri chasi, che facciendogli duo versi e tale dono di questo lino,
n'arà piaciere, e no· gli parrà in tutto esere privata dell'amor fraternale; e un poco
di caldo gli darai di te, che da p(er)sona non ànno. Avevoti detto per altra, che Marcho aveva
el modo a pagare; di poi mi pensai che lli è ben fatto donarglele. Che pure arà quello di dire:
«Me lo mandò mio fratello!».

Ò visto quello ti scrive 15, che mi piacie; ma non è da porvi speranza nelle parole. Trovommi
a dì passati, e feciemi molte oferte. Ringrazia'nelo. Potreb'esse· che si ravedrebe; e ttu
fa' senpre il debito tuo chon ogn'uomo, chome à' fatto per ensino a qui. Altro di lui non achade.
I' ò 'nteso el chapitolo auto dall'amico tuo, e lla risposta che gl'à' fatta. Piaciemi; però che
non mi gusta, rispetto el padre e ' frategli. Altro non so; ma così, p(er) la prima, non mi piacie.
La figla di Lorenzo si sta così; non ò sentito di poi altro. Aspettacisi la madre. Questa morìa
dà lloro gran noia, alle fanciulle, che pochi parentadi ci si fa. Vego che voi di costà n'avete
anche sospetto; e di già ve n'è morti alchuni, che n'ò dispiaciere assai più esendo costà che
qua, e co· più sospetto ne starò. Priegoti quanto so e posso, che ttu ti sappi guardare, e non aspettare
che lla cosa trabochi prima ti parta: fa d'essere de' primi; ricordandoti ch'e nostri
passati tutti sono iti di tale male: da Matteo mio figluolo i(n) fuori. Sicché stieti a mente.
Lorenzo doverrà eservi presto; e di poi piglate partito, seguitandovi tal male: che
Idio e San Bastiano vi scanpi di questo e d'ongni altra tribolazione, come disidero. E a chanpar
la vita, è buono a por le facciende e ' guadangni da parte. E più ronpe e disengni la morte,
che altro. Atendete a vivere el più che potete. È morto qui di pesta Piero Piaciti
da sabato a ore 22 al lunedi a 20 4 ore. Sonsi trovate la madre vechia, e lla mogle col corpo
grande, e sei figluoli, sole e sanza governo d'anima, e male governo del corpo.
Non vi si trovò che 2 servigiali di Santa Maria Nuova. Non è chi faccia loro un servigio;
ensino al pane, non truvano chi llo cuoca loro: ongn'uomo fuggie. Aveva ragazzo, e gl'Otto
l'ànno fatto mandar via. È una iscurità a sentire quello si fa. Idio ci aiuti. Morì
Giovanni Della Luna, tre dì fa, pure della sua malattia. Feciogli grande onore.
Piaciemi che abi chanciellato Miniato: come lo vego, glele dirò. Dicievo che mettessi
el lino a mie conto, p(er)ché facciendone delle cose p(er) te e pe· lLorenzo, mai n'avessi
aver nulla; ensieme sta meglo a mie conto. Fallo, come per altra ti dissi. I' credo,
secondo l'ordine del passato, che arete bisongno delle chamicie, ed io non ò ancora inn
ordine di farle. Do ordine di fare el panno, e p(er) questo soprastò qui: che
me ne sarei ita in villa; ma lo voglo mettere in ordine prima. Fia bello di filo
chome le chamicie logore. Idio vi dia grazia logoriate ancora questo, con santà dell'anima
e del corpo. Nè altro p(er) questa m'achade. Non vi sendo Lorenzo, no· gli scrivo;
che a tte iscrivo abastanza. Leggi quando non ài troppa faccienda. Che Idio di male vi
guardi. P(er) la tua

Allesandra Strozi, Firenze, a voi
mi racomando