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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera XXIX

Al nome di Dio, a dì 22 di marzo 1463
A dì 15, p(er) Franciesco di Sandro Strozi, ti scr[i]ssi; e p(er) non aver tenpo, non feci risposta alla tua
de· dì 6 di detto; farolla p(er) questa.
Sarà di poi arrivato costì el detto Franciesco, e vedrai la vista sua, se somigla Nofri; che
a me non pare. Ògli detto che io sono quella che tte l'ò dato, e che ll'onore di lui à ' eser mio;
che tt'ò pregato lo tolga, e così l'opposito. Che non si portando bene, i' n'arò il carico da vo',
e llui n'arà danno e vergognia, e che in qua sarà rimandato. Risposemi, che aveva pensiero
di farmi onore, e simile a tutti gli altri. Così mi piacierà che faccia. Dissiti come da
Miraballi li avevo fatto dare f(iorini) 4 di suggiello, e a llui dissi ti portassi el conto di quello
che spendeva; che lire 7 pagò qua p(er) vettura d'una bestia insino a rRoma, come da llui
sentirai. Credo ne faciesse ricordo a un suo libriciuolo portò seco: siché di tutto ti fa re(n)der
conto. E così se avessi preso danari da Niccholò Strozi. Raccomandotelo, che-l padre
l'à dato a mie caldo e raccomandato a me. Dissi che ll'opere sue, esendo buone, si farebono
esere racomandate p(er) loro medesime; sicché, poiché se ll'arrecano da mme
d'averlo mandato, quando ti paressi ch'io avessi a ricordàgli più una cosa che un'altra,
avisamene, e gli farò duo versi, e riprendendolo del mancamento. E alle volte gli farò
un verso, ricordandogli che mi facia onore. Così glene dia Idio la grazia.
Da lLorenzo ò llettere de· 3 di febraio, che ll'arecò Franciesco di Soldo Strozi: non so p(er) che via
s'è venuto, che-l no(n) l'ò veduto ancora. Estimo Lorenzo all'auta di questa, sarà tornato
chostì; che mi piacierà sia chon salute dell'anima e onore del corpo. Conciedagli Dio buo(n) via(g)gio.
Veggo, sopra il charico ch'io ti scrissi che t'era dato, e simile Matteo te ne scrisse, puossi considerare
en buona p(ar)te donde viene; ed ò molto caro che lle sieno bugie, più che ll'oposito.
Idio rallumini la mente a chi dicie quello che non è; ed è d'avere conpassione
a tali nature. La verità à senpre suo luogo. Atendete pure a far bene; e guardatevi,
come ttu di', di non fare torto a p(er)sona: che facciendolo, ofenderesti Idio e ll'anima
vostra, ch'è il tutto. Ennanzi me· rroba, che ofendere quel Singnore che ci à a giudichare
l'opere nostre. E in questo mondo è brieve questa nostra vita; e ci bisongnia adoperare
che nell'altra vita, che non à fine, viviano cho· rriposo. E una delle cose che ci
dannano, si è il no· fare il debito al prossimo; che llo dicie il Vangielo: «Fa al prossimo tuo
chome vorresti fussi fatto a tte». E questo ti scrivo; so che llo sai, ma ve lo ricordo, p(er)ché sete
della mia carne e sangue, e grande amore vi porto all'anima e al corpo, ed è mio debito
ricordarvi el ben vostro. Sono molto contenta della buona fama e dell'eser tuo, e ònne
gran consolazione e piaciere, che per le parole de' maldicienti senpre vada diritto,
senpre chon salute dell'anima. Chosì priego Idio che ve ne dia la grazia. Di Tommaso Lottieri,
mi disse Giovanni che a llui l'aveva detto, e che si lodava così di te; e che ttu avevi una
schiava che sapeva così ben fare, e ne disse molto bene; e del desinare che ttu gl'avevi
fatto così alla sproveduta, che sarè bastato a molti forestieri. Siché ne disse bene a Giova(n)ni.
Se ad altri ti diè carico, non so; questo mi disse Giovanni aver da llui. Non è in questo
fatto farne più caso si bisogni, sentendoti netto. E così di quello de' Mannegli, non è da por me(n)te
a sue parole.
Per altra ti dissi delle terre vendute, e de' danari rimessi a Roma a Nicholò Strozi, cioè
f(iorini) 134, ensino a dì 10 di questo. E ancora ti dissi de' 2 pezzi di vingnia mi restano a vendere;
e poi è spacciato Quarachi. La morìa ci è pure un pocho ritocca, ma in giente manuali; ma ci si
fa una gran guardia, e sta alle volte dì 15 nulla si sente: poi ritocca, pure i· giente di bassa mano.

E non ci si sta sanza sospetto; per ancora e cittadini ci si stanno. Credo bene che fatto Pascua, chi arà villa che
vi sia buona istanza, vi s'andrà a stare, tanto si vegga quello che fa. Giovanni quest'anno s'è stato colla
brigata in villa, e starà mentre che v'è sano. Lui ci viene alle volte, o p(er) mia fatti o p(er) sua, e sta 2 dì p(er) volta,
secondo el bisongno suo e mio. Marco à chonperato un podere in Mugiello presso al suo, con un poco di cieppo di casa;
che sendoci morìa, e llà fussi sano, forse vi s'asetterebbe. À speso f(iorini) 400. Di' che per ogni via faccia pensiero di
partirmi, esendoci morìa: fareno quello crederrò che ben sia. Che Idio m'amaestri del meglo.
Della Marietta non sento altro. Aspettasi la madre ongni dì, che è a Bolongnia stata già j° anno. A buo(n)
fine credo l'abia fatto. Se a 45 pare di stare a vedere anchora j° anno, sia alla buon'ora. Pure, quando
chosa buona ci chapitassi, saranne avisato di tutto.
Sono a dì 23 ed ò lla tua de· dì 10. R(ispost)a al bisongno. Sè avisato della vendita de' 2 pezzi di terra, e
de' danari rimessi a Nicholò. E questo dì ò lettere da rRoma, come e danari se ne farà la tua
volontà; e di già dicie Nicholò avertene iscritto. Di' che teco non bisongna pigli escusa del piglare
il danaio ò di bisongno, ma ch'io gli spenda pure utilemente. A che ti dico, che i' ti scrissi bene per
avere materia di darti che lleggiere: ma più lo feci p(er)ché sapessi quello che volevo fare de' danari,
p(er)ché non crediate ch'io me gli spenda in altro. E s'io manchassi, voglo che sapiate ch'i' non ò
danari nella chassa; ma questi s'ànno a spendere nella più utile cosa ch'i' abia, ch'è ll'anima
mia. E delle male ispese mi guardo, e di spendere inutilemente. E sopra di ciò non
n'achade altro dirne. Farò senpre quello crederrò sia bene p(er) me e p(er) voi.
Sono molto contenta d'avere i[n]teso che abia soddisfatto a quanto ti lasciò el mio figluolo;
che à' fatto bene, e rricorditi dell'anima sua.
Di Nicholò Magalotti, entendo l'à' mandato fuori p(er) tue faciende. Doverrassi riconosciere
de' sua manchame(n)ti, che n'à auto una grande esbriglatura. Del padre di 32, si tornò, chome
ti dissi, a sedere, e sta bene.
Di Batista non ò poi domandato, nè sentito altro.
Da lLorenzo à' lettere più fresce di me. Dirò a Giova(n)ni s'i[n]formi che merchatantia v'à
ssu Nicholò, e che quantità; che tte ne dia aviso. Aspèttallo la madre e lla donna al maggio.
Entendo che-l lino della Chaterina tu ll'abia i(n) chasa, e mandera'lo p(er) terra: vienne ora
de' vetturali, secondo sento. El lino mi restò di tuo, pollo a mie conto, cioè libbre 42.
A Giovanni Bonsi farò conperare gl'ochiali, e de' più fini, chome tu di', e p(er) primo si
manderanno. Questo dì si conperorno gl'ochiali e ti si mandano sotto lettere di Nicholò Strozi,
a rRoma, pel fante; siché fa d'avergli. Nè altro p(er) questa m'acchade. Raccomandomi a tte;
che Idio di male ti guardi. P(er) la tua Allesandra Strozi, i(n) Firenze.

Da rRuberto Mannelli, che viene di Levante, mi disse novelle di Lorenzo: che stava bene; e che del zuchero
non vi ne trovò, e però no(n) me n'à mandato. E così
mi dicie Ruberto, che non ve n'era; non enporta.