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Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi

Lettera XXIII

Al nome di Dio, a dì 6 di marzo 1460
A dì 28 passato fu l'utima mia, e l'ò di già data a lLodovicho, che lla mandassi sotto le sue;
che aspettava el fante da rRoma parechi dì fa, e non è venuto. Ora ò lla tua p(er)
Choppino, che m'è stata di consolazione sentire novelle di te a boccha: che mi dicie
tu ssè in buon punto della p(er)sona, che assai mi piacie; e chosì piaccia a Dio conservarti
lungo tenpo, chon salute dell'anima e del corpo, come disidero.
Ve(g)go la venuta tua a Bruggia n'è suto chagione la malattia di Iachopo; che à' fatto
bene a venire a vicitarlo e a provedere che abia el governo suo. Benché esendovi
la donna e tTomaso suo nipote, no· gli doveva ma(n)chare governo; e così Giovachino
e degl'altri, che de(b)bono aver fatto quanto è lloro possibile; e chosì tu di poi ara' fatto
la tua diligienza p(er) la santà sua. Diciemi Choppino, ch'egl'à 'v(u)to gran male, e che è
assa' disfatto della p(er)sona, e che pure miglorava: che mi piacie; e tu mmi di' ch' e
medici dicono non porta pericholo, che debba miglorare: e chosì priego Idio che gli
renda buona sanità. Viene i[n]verso la primavera, che è buon tenpo a rriaversi
della p(er)sona, se farà buona guardia della bocca: e così lo conforta p(er) mie p(ar)te.
Richordoti el metterti in ordine ed assettare le tue facciende di costà, e di ritrar(r)e
quel poco che ttu ài di costà, e ridurti di qua chon Filippo, che mi dicie avertene
iscritto più volte. E chosì dicie a mme, ch'i' te lo scriva: che p(er) molti chasi che possono
avenire, estate meglo l'uno presso altro; che se venissi chaso nessuno, che Idio cie
ne guardi, si perde l'avere e lla p(er)sona a un tratto. E poi che Idio v'à privati di
chasa vostra, ensendo voi ensieme, e none stando io della p(er)sona peggio ch'io
mi stia, forse diliberrei venire a vivere e morire chon voi. Ora Idio vi dia
a piglare el partito che deb'essere el meglo.
Avisoti ch' e 2 panni dipinti ch'i' ò, l'uno è de' 3 Magi che ofersono oro al nostro Signore,
e sono buone figure, l'altro è un pagone, che mi pare gientile, ed è adorno chon altre
frasche. A me paiono belli. Serberon(n)e uno, chome di'; p(er)ché a quello di' per altra tua
che costano, non se ne trarrebe qui f(iorini) 3 dell'uno; che sono piccoli panni. S'i' trovassi da
vendergli bene, gli venderei tramendua. El Volto santo serberò, che è una divota
figura, e bella. Le pocissioni mie non ò anchora fatto altro.
Avisoti che non mi scriva chose d'inportanza, e chosì farò a te, se nno· quando le puo'
mandare p(er) p(er)sona fidata: che tutte le tue mi sono ap(er)te, e chosì quelle tue va(n)no a
Filippo, che mi se n'è doluto. Chosì debano fare delle mie. E p(er)tanto sieti aviso.
I' ò lettere questo dì da Filippo, che sta sano; dicie che à lett(ere) da tte di rado:

sicché fa di scrivergli più spesso che no(n) fai. Cho[n]sumasi che, non potendo tornare
a Napoli per rispetto la guerra, p(er)de el tenpo suo e spende assai. No(n) si può quello che huomo
vorrebe. A Dio piaccia metter pacie p(er) tutto. La Chaterina e lla Lesandra sta(n)no bene,
e chosì gli altri. Idio lodato! Nè altro p(er) questa. Idio di male ti guardi. P(er) la tua

Allesandra Strozi