Per l'allestimento del Glossario, che accoglie oltre 700 lemmi, è risultato essenziale, e preziosissimo, il supporto del Laboratorio di Informatica Umanistica del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Firenze. Sotto la guida di Marco Biffi, il testo della nuova edizione delle Lettere è stato marcato e, in una seconda fase, indicizzato, grazie all'impiego del software Data Base Testuale (DBT) di Eugenio Picchi dell'Istituto di Linguistica Computazionale del CNR di Pisa.
L'operazione ha permesso di estrarre il formario, che enumera in ordine alfabetico ogni singola forma presente nel testo, con l'indicazione del numero di occorrenze complessive e l'Index locorum di ciascuna entrata. Si è dunque proceduto manualmente alla lemmatizzazione del formario ottenendo l'elenco dei lemmi, sulla base del quale sono stati selezionati quelli lessicalmente più significativi, prestando una particolare attenzione agli arcaismi, ai tecnicismi storici, politici e medici, ma anche al linguaggio corrente e familiare – e dunque alla Umgangssprache di Alessandra –, che comprende una grande quantità di materiale fraseologico, costituito da locuzioni, modi di dire e proverbi.
In questo processo di selezione delle voci da redigere sono stati presi in considerazione anche i precedenti Glossari delle Lettere redatti da FRASSINI 1985-1986: 287-404 e TRIFONE 1989: 94-95, i quali, seppure contenuti, hanno costituito una valida base di partenza e un utile termine di confronto.
Per ciascun lemma è stata compilata una scheda, la cui struttura è stata concepita tenendo conto del metodo adottato nel Glossario Leonardiano (cfr. MANNI - BIFFI 2011: XIX-XXXIII). Più in particolare, si distinguono tre tipi di scheda:
a) quella che ha per oggetto un lemma avente rilievo come unità lessicale autonoma (vd. COTTA);
b) quella avente per oggetto un lemma che risulta significativo sia come unità lessicale autonoma sia all'interno di locuzioni e/o modi di dire e/o espressioni proverbiali (vd. PARTITO);
c) quella avente per oggetto un lemma che è significativo solo nel contesto di locuzioni e/o modi di dire e/o espressioni proverbiali (vd. MANO).
Si avverte che fra le locuzioni possono essere inclusi anche alcuni particolari costrutti preposizionali.
Qui di séguito si elencano e descrivono gli otto campi in cui il primo tipo di scheda, quella di tipo a, è articolata.
Il lemma è posto a esponente, in alto a sinistra, in carattere maiuscolo grassetto, secondo la grafia moderna; il complesso delle varianti grafiche si ricava sia dall'Index locorum sia dagli esempi citati. Le voci verbali sono rappresentate dall'infinito, i sostantivi dal singolare, gli aggettivi dalla forma maschile singolare. Entro parentesi quadre si pongono le forme lemmatizzate che non risultano attestate nel testo. Se il lemma si presenta in forme alternative di natura fonomorfologica, esse vengono elencate in ordine di frequenza e separate l'una dall'altra da barrette oblique (vd. TOGLIERE / TORRE). Gli allotropi e gli alterati, come i diminutivi e gli accrescitivi, hanno entrate autonome (vd. TORCHIETTO). Le voci inizianti con -s- "impura", che si presentano alternativamente ora in forma prostetica ora no, sono registrate sotto la lettera s (vd. STANZA / ISTANZA). Per le voci attestate solo in forma prostetica, l'entrata è costituita da quest'ultima (vd. ESBRIGLIATURA, ISCAGLIONE). Si separano gli omografi appartenenti a etimi diversi (vd. POSTA1; POSTA2).
Com'è risaputo, una grande cautela è richiesta nel valutare le consonanti di grado intenso, in quanto l'uso della scempia in certi casi può non essere un fatto grafico, ma corrispondere a una pronuncia reale, e avere quindi rilevanza fonetica. In tali circostanze non è stato possibile adottare un criterio univoco nella valutazione di quale forma mettere a lemma: ogni caso è stato dunque considerato singolarmente. Si avverte, tuttavia, che per quanto concerne le voci composte con il prefisso a- (tipo ABBATTERE, ACCONCIARE, APPORRE, ecc.) è stata messa a lemma la forma con la consonante di grado intenso, tenendo conto che la presenza della scempia in tale contesto, pur essendo molto diffusa anche nel Quattrocento, è ritenuta meramente grafica (cfr. FROSINI 1990: 160, e bibliografia ivi indicata; MANNI 2008: 16). Sotto un unico lemma sono registrati i nomi composti scritti ora uniti ora separati (si veda ad esempio PANNOLINO, che occorre anche non univerbato: PANNO LINO).
La definizione è formulata tenendo conto degli strumenti lessicografici consultati. In caso di mancata rispondenza del lemma in questi ultimi, la definizione è stata formulata basandosi sui contesti offerti dal corpus testuale. Nel caso in cui un lemma consti di più accezioni, esse sono state numerate in modo progressivo e ordinate secondo un criterio logico, procedendo dal generale al particolare.
Per i lemmi aventi rilievo come unità lessicale autonoma vengono citati fino a un massimo di tre esempi. Di norma, si citano i contesti tratti dalle prime attestazioni registrate nel corpus; laddove questi risultino poco rappresentativi, sono citate altre occorrenze, maggiormente esemplificative.
All'interno di ciascun esempio, il lemma oggetto di indagine è posto in evidenza mediante il carattere grassetto. Eventuali tagli operati all'interno della citazione sono segnalati attraverso l'inserzione di tre puntini tra parentesi quadre. I rinvii al corpus sono costituiti dal numero della lettera, espresso in numeri romani, cui segue, dopo un punto, il numero del rigo, espresso in numeri arabi.
In questa sezione, racchiusa in un riquadro, si elencano in grassetto tutte le forme in cui il lemma è attestato all'interno del corpus; di ciascuna si segnalano il numero complessivo di occorrenze (frequenza) e l'Index locorum: si forniscono, perciò, gli estremi identificativi di ciascuna entrata, costituiti dal numero della lettera e dal numero del rigo. Come sarà facile intuire, la compilazione di questo campo – dal quale si ricava il complesso delle varianti grafiche – è stata ampiamente agevolata dalla consultazione del formario ricavato dai dati processati dal programma DBT sopra richiamato.
Se dall'esame dei riscontri risulta che il lemma non è mai attestato prima – limitatamente agli strumenti lessicografici consultati (vd. qui, § 7. Corrispondenze) –, lo si segnala attraverso la dicitura: «Primo – ed eventualmente «unico» – esempio nella Macinghi Strozzi».
In questa sezione si citano gli eventuali rinvii ai precedenti studi sulle Lettere della Macinghi Strozzi che si sono soffermati sul lemma preso in esame (quindi, BLASCO FERRER 2015, FRASSINI 1985-86, GUASTI 1877, TRIFONE 1989).
Una volta ricostruito, sulla base della lessicografia storica, il quadro degli autori che attestano il lemma, si cita la prima attestazione in assoluto, seguita da una scelta (almeno una per ogni secolo, ove possibile) fra le più significative attestazioni precedenti, coeve e di poco successive, sino al 1612, data della prima impressione del Vocabolario della Crusca. Le singole corrispondenze sono indicate attraverso il nome dell'autore; nel caso di testi adespoti si cita il titolo dell'opera. Alla fine, in blocco, entro parentesi, si elencano i dizionari storici ed etimologici consultati, rendendo conto di quelli che citano esempi tratti dalle Lettere della Macinghi Strozzi; l'elenco può essere seguito da ulteriori rinvii bibliografici utili alla comprensione del lemma.
Gli strumenti lessicografici impiegati sono i seguenti: TLIO, Corpus TLIO (e cioè la banca dati testuale lemmatizzata), CRUSCA, TB, REZASCO, GDLI, LEI. Per l'uso moderno si fa riferimento al GRADIT.
Esclusivamente per i lemmi attestati per la prima volta nella Macinghi Strozzi si è ritenuto opportuno estendere il termine cronologico delle Corrispondenze e superare, ove consentito, il 1612, offrendo al lettore un resoconto completo, che dalla prima attestazione quattrocentesca giunge sino alla più recente. Anche in considerazione del ritorno al modello della lingua fiorentina trecentesca che seguirà nel corso del Cinquecento, infatti, è d'interesse esaminare la sopravvivenza di lemmi (o locuzioni, modi di dire, proverbi), per lo più appartenenti al lessico quotidiano e familiare, tipici del Quattrocento e attestati a partire dalla Macinghi, il cui impiego talvolta si è protratto sino ai giorni nostri.
In quest'ultima sezione vengono eventualmente approfonditi, analizzati o messi in evidenza particolari aspetti storico-linguistici riguardanti il lemma oggetto di indagine.
Come detto precedentemente, nella redazione del Glossario è stata riservata una particolare attenzione al materiale fraseologico – locuzioni, modi di dire, proverbi –, di cui le Lettere sono ricche e che tanto contribuisce alla vivacità espressiva del dettato della Macinghi.
Queste ultime componenti, ricondotte a una forma tipizzata, sono registrate al lemma di base secondo i criteri del TLIO e del VD, e cioè sotto la voce del primo sostantivo, ovvero sotto quella del primo aggettivo, ovvero sotto quella del primo verbo, ovvero sotto quella del primo avverbio. Elencate in ordine alfabetico, anch'esse presentano una numerazione autonoma; le locuzioni e i modi di dire sono scritti in carattere maiuscoletto grassetto, i proverbi – separati da quanto precede con una linea orizzontale – in carattere maiuscoletto grassetto e corsivo.
Nel caso di un lemma provvisto anche di definizioni proprie, alle quali si aggiunga del materiale fraseologico (scheda di tipo b), il primo è separato da quanto segue attraverso una linea orizzontale.
La trattazione del materiale fraseologico segue il medesimo tracciato descritto in relazione alla scheda di tipo a. Si differenzia da quest'ultima unicamente per le sezioni Esempi e Index locorum che, di fatto, vengono aggregate, offrendo il quadro completo delle occorrenze. Tuttavia, se il numero di attestazioni presenti nel corpus è molto numeroso, si riportano convenzionalmente le prime sette; delle rimanenti, si segnala esclusivamente il rinvio topografico. La Frequenza e l'Index locorum sono pertanto ricavabili direttamente dagli esempi citati.