Le Lettere della Macinghi Strozzi sono conservate presso l'Archivio di Stato di Firenze, all'interno del fondo Carte Strozziane, III serie, filze 131, 145, 178, 180, 249. Le Lettere furono scritte in un arco temporale compreso fra il 24 agosto 1447 e il 14 aprile 1470 (stile fiorentino); nel ciclo di corrispondenza vi sono tuttavia due interruzioni: la prima si estende dal febbraio 1452 al settembre 1458, la seconda dal febbraio 1465 al marzo 1468.
Il carteggio consta in tutto di settantatré Lettere, di cui cinquantadue indirizzate a Filippo, undici a Lorenzo, otto a Filippo e Lorenzo nel periodo in cui entrambi erano residenti a Napoli, una a Matteo e una al cugino primo dell'ormai defunto marito di Alessandra, Iacopo Strozzi.
Gli autografi sono nel complesso ben conservati, fatta eccezione, talvolta, per alcuni guasti ai margini delle carte, che ostacolano la leggibilità delle lettere a fine rigo. La trascrizione non ha dunque posto significativi problemi di interpretazione. Le Lettere sono inoltre scritte in una chiara mercantesca dall'andamento corsivo e le parole discretamente distanziate tra loro.
Le Lettere di Alessandra Macinghi Strozzi sono conservate presso l'Archivio di Stato di Firenze, all'interno del fondo Carte Strozziane, III serie, filze 131, 145, 178, 180, 249. Il carteggio consta in tutto di settantatré Lettere indirizzate ai figli (cinquantadue a Filippo, undici a Lorenzo, otto a Filippo e Lorenzo nel periodo in cui entrambi erano residenti a Napoli, una a Matteo), con la sola eccezione di una missiva, indirizzata a Iacopo di Lionardo Strozzi, cugino primo dell'ormai defunto marito di Alessandra. L'arco temporale in cui le Lettere, nel loro insieme, furono scritte si colloca fra il 24 agosto 1447 e il 14 aprile 1470; nel ciclo di corrispondenza vi sono tuttavia due interruzioni: la prima si estende dal febbraio 1452 al settembre 1458, la seconda dal febbraio 1465 al marzo 1468.
Gli autografi sono nel complesso ben conservati, fatta eccezione, talvolta, per alcuni guasti ai margini delle carte, che ostacolano la leggibilità delle lettere a fine rigo. La trascrizione non ha dunque posto significativi problemi di interpretazione; le Lettere sono inoltre scritte in una chiara mercantesca dall'andamento corsivo e le parole discretamente distanziate tra loro.
Solo i manoscritti delle Lettere II, IV, VI, IX, X, XIII, XLIV, LIX, LXVII presentano danni più ingenti: talvolta coinvolgono solo alcune sezioni, talaltra investono un'ampia parte della superficie scrittoria. In considerazione del fatto che Guasti, nella sua edizione del 1877, trascrisse compiutamente tali sezioni, vien fatto di pensare che i danni oggi visibili siano da ricondurre alle rovine causate dall'alluvione del 4 novembre 1966 che, com'è noto, colpì anche il patrimonio documentario dell'Archivio di Stato di Firenze, dove le Lettere sono conservate.
Si segnala che i rr. 45 e 51 dell'autografo della Lettera XXVIII, oltremodo danneggiato, presentano in interlinea una trascrizione parziale, a penna, di alcune parti di un'estesa lacuna. È verosimile che tale intervento sia da attribuire a Cesare Guasti, poiché le ricostruzioni ivi abbozzate, sebbene per abbreviazioni, del tipo Bened. per Benedetto, corrispondono in toto al testo edito in GUASTI 1877: 267. In ID.: 267 n. 1 il curatore inoltre segnala: «Le parole in corsivo [che collimano con quelle scritte a penna nell'interlinea del testo autografo] supplisco co' documenti o col contesto».
Se la paternità dell'interpolazione sopra indicata fosse confermata, a Cesare Guasti andrebbero altresì attribuite, per questioni di analogia grafica, le annotazioni apposte nel margine superiore della gran parte delle Lettere conservate all'interno della filza 249 – e in particolare delle Lettere III, VII, XX, XXI, XXIV, XXXI, XXXIV, XXXV, LXXI –, alla cui salutatio è anteposta, a penna, una breve scrittura riportante mittente, destinatario e data della missiva.